Il cambiamento climatico (CC) è un fattore scatenante di numerosi disastri ambientali e di fenomeni meteorologici estremi, che si intensificano progressivamente con l'aumento della temperatura media del pianeta. Le conseguenze di questi eventi hanno un impatto diverso sulle popolazioni, evidenziando una serie di ingiustizie e disuguaglianze, oltre a favorire il verificarsi di conflitti violenti. Il CC, quindi, oltre che una crisi ambientale diffusa, appare anche come una questione di sicurezza internazionale (e nazionale). L'analisi proposta in questo articolo, quindi, ricostruisce la relazione tra clima, giustizia e conflitto, sostenendo che per raggiungere un futuro neutrale dal punto di vista climatico è necessario promuovere una transizione orientata alla pace. In questo scenario, il diritto emerge come strumento fondamentale, soprattutto attraverso la promozione di cause climatiche - come l'agenda verde brasiliana, che viene esaminata come caso di studio. Nell'articolo si sostiene che il percorso verso una società più sostenibile e capace di affrontare i cambiamenti in corso deve essere orientato da una prospettiva di giustizia climatica: per garantire la resilienza e promuovere la pace ambientale, tutti i popoli dovrebbero essere inclusi come parte attiva della transizione.
Il presente lavoro presenta un’analisi delle interconnessioni tra rischi economici, sociali e ambientali e individua “percorsi capacitanti”, al fine di anticipare, affrontare, gestire, recuperare e adattarsi alle ripercussioni avverse derivanti da rischi ambientali. Per individuare percorsi capacitanti, è stato adottato un approccio metodologico basato sullo studio di caso, concentrando l'attenzione sulle specificità della regione Emilia-Romagna, scelta a seguito del rischio ambientale reso evidente dall'alluvione del maggio 2023. La metodologia integra l'analisi di dati statistici secondari con cinque interviste semi-strutturate condotte con informatori qualificati. Ciò ha consentito di esplorare in profondità i rischi economici, sociali e ambientali, nonché le risorse di cui dispongono individui e comunità. L'analisi delle testimonianze ha messo in luce il ruolo fondamentale della partecipazione attiva attraverso gruppi organizzati nell'incremento delle capacità sociali per contrastare i rischi provenienti da eventi climatici estremi. I comitati cittadini presi in esame non solo forniscono un supporto immediato e tangibile di varia natura, ma svolgono anche una funzione cruciale nella riaffermazione della coesione sociale in periodi di crisi.
La International Convention on Maritime Search and Rescue (with Annex) del 1979 ha istituito un sistema internazionale avente ad oggetto le operazioni di ricerca e salvataggio marittimo. Frontex è l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera che ad oggi svolge un ruolo essenziale anche nelle attività di ricerca e salvataggio marittimo dell’Unione europea. Per tali motivi, questo contributo analizza se e in che misura la International Convention on Maritime Search and Rescue (with Annex) sia applicabile alle attività di Frontex ad essa correlate. In primo luogo, saranno esaminate le origini di tale Convenzione e le seguenti modifiche ad essa apportate, nonché il ruolo e i compiti di Frontex nell’ambito della ricerca e soccorso marittimo. Verranno quindi valutati i Regolamenti dell’Unione europea che disciplinano le attività di Frontex, in relazione alla International Convention on Maritime Search and Rescue. Infine, verrà preso in considerazione il caso ‘Adriana’, in modo da avere un riscontro nella prassi delle problematiche passate in rassegna.
Il presente articolo ricostruisce e analizza le origini della politica europea di esternalizzazione del controllo delle frontiere, intesa come strategia di coinvolgimento dei paesi di origine e transito nella gestione dei flussi di migranti e richiedenti asilo e nell’azione di contrasto all’immigrazione irregolare, intesa come ingresso o soggiorno di cittadini stranieri in violazione delle norme stabilite dal paese di arrivo. Mentre la letteratura giuridica e politologica si è concentrata prevalentemente sul rapporto con i paesi non comunitari e sugli sviluppi avvenuti nell’ultimo quarto di secolo, questo studio intende mostrare come le attuali pratiche europee di esternalizzazione siano cominciate alla metà degli anni Ottanta e come i paesi della periferia meridionale della Comunità Europea (CE) abbiano fatto da apripista rispetto a questo processo. Questa ricerca, inoltre, mostra come i sistemi di Schengen e di Dublino, ancora alla base della politica migratoria e di asilo europea, fossero essenzialmente mossi da una logica di “esternalizzazione interna”, che è stata poi ampliata fino a ricomprendere paesi europei, asiatici e, soprattutto, africani sempre più esterni rispetto alla CE e, più tardi, all’Unione Europea.
In questo articolo, la pace viene concettualizzata in chiave dinamica. Questa nuova prospettiva si traduce in azioni radicalmente nuove che non vertono sulla contrapposizione rispetto alla guerra e alla violenza, ma mirano al togliere “il terreno sotto i piedi” alla violenza immaginando mondi diversi capaci di realizzare la pace intesa non come fine della guerra o eliminazione della violenza ma come pienezza di vita per tutte e per tutti. Accanto a un processo caratterizzato da contrapposizione e lotta verso i poteri esistenti, sia pure con metodi nonviolenti, esiste, infatti, un’altra possibilità: costruire dal basso la nuova realtà senza contrapporsi esplicitamente alla vecchia. Questo è quello che, ad esempio, avviene con le prime comunità cristiane, in particolare quelle paoline. Comunità che, senza esplicitamente contrapporsi all’ordine esistente, nei fatti lo ignorano costruendo una realtà nuova e del tutto alternativa a quella esistente. Questo nuovo sguardo comporta la sostituzione di rigide classificazioni binarie con classificazioni basate sui cosiddetti insiemi “fuzzy”, non solo a due valori (pace/guerra, pace/nonviolenza), ma capaci anche di includere zone di incertezza attraverso le quali passare con gradualità. Gli esempi proposti di costruzione di “mondi altri”, presi da contesti radicalmente diversi legati ai conflitti dell'ultimo secolo, serviranno a illustrare questa nuova prospettiva.
In questo articolo, la pace viene concettualizzata in chiave dinamica. Questa nuova prospettiva si traduce in azioni radicalmente nuove che non vertono sulla contrapposizione rispetto alla guerra e alla violenza, ma mirano al togliere “il terreno sotto i piedi” alla violenza immaginando mondi diversi capaci di realizzare la pace intesa non come fine della guerra o eliminazione della violenza ma come pienezza di vita per tutte e per tutti. Accanto a un processo caratterizzato da contrapposizione e lotta verso i poteri esistenti, sia pure con metodi nonviolenti, esiste, infatti, un’altra possibilità: costruire dal basso la nuova realtà senza contrapporsi esplicitamente alla vecchia. Questo è quello che, ad esempio, avviene con le prime comunità cristiane, in particolare quelle paoline. Comunità che, senza esplicitamente contrapporsi all’ordine esistente, nei fatti lo ignorano costruendo una realtà nuova e del tutto alternativa a quella esistente. Questo nuovo sguardo comporta la sostituzione di rigide classificazioni binarie con classificazioni basate sui cosiddetti insiemi “fuzzy”, non solo a due valori (pace/guerra, pace/nonviolenza), ma capaci anche di includere zone di incertezza attraverso le quali passare con gradualità. Gli esempi proposti di costruzione di “mondi altri”, presi da contesti radicalmente diversi legati ai conflitti dell'ultimo secolo, serviranno a illustrare questa nuova prospettiva.
Call for papers
Johan Galtung, who recently died, was, as is widely known, a prominent Norwegian scholar, trained as a social scientist and statistician, and a principal founder of Peace Studies as an academic discipline. Galtung was also a prolific author and politically engaged conflict analyst and transformer. He was the main founder of the Peace Research Institute in Oslo (PRIO) in 1959, the world’s first academic institute with “peace” in its name, and founded the Journal of Peace Research in 1964.
His research spanned a large number of important topics over 60 years, including peace and conflict, violence, peaceful conflict transformation, non-offensive defense, development strategies, a structural theory of imperialism, and a geopolitical theory of civilizations.
This is a call for papers for a special issue focused on the person, contributions, and legacy of Johan Galtung.
Guest Editor Valentina Bartolucci, an acknowledged Peace and Conflict Studies scholar, leads this special issue. The guest editor will write an introduction to the special issue outlining how, in line with the aims of the “Rivista Scienza e Pace – Science and Peace (SP)”, this special issue contributes to current debates regarding Johan Galtung and his legacy.
We are looking for academic articles of 20.000-50.000 characters in length (including spaces), in English, adhering to the “Editorial Guidelines” that can be found here, and that focus on one or more of the following themes:
- Galtung's life
- Galtung's theoretical contributions
- Galtung's practical contributions
- Galtung's legacy focused principally on critical examinations of his scholarly contributions
- further developments in peace and conflict studies
Submissions must be the original work of the author that have not been published previously, either in whole or in part, either in print or electronically, or that are soon to be so published. All submissions will be carefully considered, with no guarantee of acceptance. All submissions will be anonymously peer-reviewed.
Please submit an abstract of about 300 words no later than September 15, 2024. Upon acceptance, the final version of the paper will have to be sent no later than December 15, 2024 to Valentina Bartolucci (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
Dal 5 al 9 novembre 2024, il Centro Interdisciplinare "Scienze per la Pace" (CISP) dell'Università di Pisa ospiterà la Conferenza annuale dell'European Peace Research Association (EuPRA): Towards Utopias of Peace. Theories and Practices of Peace, Hope and Resistance in Troubled Times. La relativa call for papers è accessibile qui. Gli abstract devono essere scritti in inglese e vanno inviati entro il 29 febbraio 2023.
I partecipanti alla Conferenza EuPRA 2024 sono invitati a inviare i loro papers a "Scienza e Pace / Science and Peace", la rivista online ad accesso libero del CISP, per essere considerati ai fini della pubblicazione. Qui sono consultabili le norme editoriali della rivista. I lavori ricevuti dal Comitato editoriale (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.) entro il 31 gennaio 2025, e accettati dopo una revisione tra pari con doppia lettura anonima, saranno inclusi in un numero monografico. I lavori ricevuti dopo questa data, una volta accettati, saranno pubblicati in altri numeri a tema misto.
Ha senso un approccio comparativo del genocidio nella storia moderna? Prendendo l’olocausto come punto di partenza, in questo paper analizzo l’uso che è stato fatto del termine “Holocaust” e dei riferimenti ad esso - anche come categoria morale e politica - nei media internazionali e negli atti del Tribunale Internazionale per la Ex Jugoslavia (ICTY) dove, per la prima volta, fra i capi di imputazione è comparso il “genocidio” per i fatti di Srebrenica. Ricerco dapprima i riferimenti al processo di Norimberga nei lavori dell’ICTY, nella stampa e nelle parole di politici. Anche negli atti dell’ICTY e in discorsi ufficiali evidenzio il ricorso a un confronto con l’olocausto. In secondo luogo, metto in evidenza nel dibattito mediatico che si è sviluppato attorno alla guerra in Bosnia i riferimenti a quanto è accaduto in Europa tra il 1943 e il 1945, sia per la creazione di campi di concentramento nella Bosnia settentrionale a partire dal 1992, sia per quanto riguarda il genocidio di Srebrenica del luglio 1995. Analizzo, dunque, immagini, titoli e articoli di giornali, soprattutto britannici e statunitensi, in cui l’olocausto è richiamato in modo esplicito. In conclusione, intendo sottolineare l’influenza che ha avuto l’olocausto nell’interpretare i fatti relativi alla guerra in Bosnia e allo sterminio di Srebrenica, non solo nel dibattito pubblico ma anche come categoria giuridica.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è stata creata con l'obiettivo principale di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, soprattutto dopo tutte le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. La Carta delle Nazioni Unite, tuttavia, pur consentendo a cinque paesi di godere dello status speciale di Membri permanenti del Consiglio di Sicurezza corredato dal “diritto di veto”, non prevedeva la possibilità che questo diritto potesse minare l'intero funzionamento dell'organizzazione. Così, il conflitto in corso tra Russia e Ucraina, dove un uso non autorizzato della forza è stato perpetrato proprio da uno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, mette in luce la fragilità dell'ONU: il diritto di veto ha concesso alla Russia il potere di bloccare il Consiglio di Sicurezza. Questo ha chiamato l'Assemblea Generale ad agire, ma poiché le sue risoluzioni non sono vincolanti, esse non comportano l'obbligo di obbedienza da parte di nessuno Stato. A fronte di ciò, questo paper attraverso il metodo deduttivo, basato su ricerche bibliografiche e documentali, riflette sulle prospettive dell'ONU e del suo ruolo nell'ambito della pace e della sicurezza, concludendo che le sue limitate possibilità di azione rendono necessaria la ricerca di risposte ulteriori e più ampie nell'ambito del diritto internazionale.