Quando, dopo la morte di Pio XII, il 28 ottobre 1958 fu eletto papa Angelo Giuseppe Roncalli, il quale assunse il nome di Giovanni XXIII, per lui si prospettava un mandato di breve durata ed effettivamente il suo pontificato sarebbe terminato solamente cinque anni più tardi. Di fronte alle trasformazioni economiche e sociali che caratterizzarono l’Italia negli anni Cinquanta, Roncalli ritenne necessario per la Chiesa aggiornarsi e confrontarsi con le nuove esigenze che si ponevano alla coscienza dei cristiani; quest’intuizione si tradusse nella convocazione del Concilio Vaticano II (1962-1965), che fin da subito rivelò uno scontro all’interno delle riunioni tra una maggioranza fedele alla tradizionale dottrina cattolica e una minoranza disponibile all’apertura; uno scontro che troverà eco nelle riviste e che avrà come risultato diverse interpretazioni dei documenti conciliari. Una differente ricezione politica del Concilio base di trasformazione che ha coinvolto le stesse organizzazioni di massa dei cattolici, l’Azione Cattolica, le Acli, la Democrazia Cristiana e che, grazie all’incontro con i movimenti giovanili, è diventata contestazione aperta dentro la Chiesa, e il cui obiettivo non fosse quello di una distruzione dell’istituzione, bensì una fedele e rigorosa ripresa della Chiesa di Cristo, sempre più nascosta e sostituita da un’organizzazione di potere che tramava relazioni economiche e politiche e che si rendeva complice del capitalismo nel perpetrare ingiustizie in terre vicine e lontane. Una Chiesa altra che non voleva diventare però un’altra Chiesa. I primi due capitoli saranno dedicati allo svolgimento del Vaticano II e all’opera di pace promossa da papa Roncalli, in particolar modo all’enciclica Pacem in Terris, promulgata nel’aprile 1963.
In questo contributo l'autore discute criticamente il concetto di "populismo", tentando di renderlo funzionale ad una analisi empirica. A questo scopo viene individuato come caso di studio la retorica politica dell'ex Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, attraverso una analisi del discorso e dei suoi contenuti. Sulla base di due categorie fondamentali e di quattro sottocategorie, l'autore prova a mostrare che il populismo può essere individuato anche in un leader che non è espressione di movimenti o partiti di destra, e che in Italia si assiste all'emersione di una specifica forma di populismo, istituzionale e "dall'alto" secondo la definizione offerta dalpolitologo Marco Revelli. Il caso di studio selezionato vuole contribuire ad approfondire, in termini teorici ma anche sulla base di evidenze empiriche, lo studio del populismo in Italia.
La recente elezione di Jair Bolsonaro come Presidente del Brasile solleva una serie di dubbi sul futuro dello Stato costituzionale nel paese. Queste preoccupazioni derivano da sue precedenti prese di posizione rese note in passato o durante la campagna elettorale. Su diversi temi, Bolsonaro ha espresso posizioni incompatibili con i fondamenti dello Stato costituzionale, specialmente sotto il profilo dei diritti fondamentali e della loro tutela. Questo contributo dà particolare rilievo a quelle tematiche che, con ogni probabilità, saranno quelle più interessate come l'ambiente, la sicurezza pubblica, la politica estera e i diritti sociali. Il paper ha per obiettivo di discutere i rischi che lo Stato costituzionale brasiliano sta affrontando e si troverà ad affrontare in futuro. Da questo punto di vista, porta l'attenzione sulle sfide che i giuristi dovranno affrontare in questa nuova fase. L'analisi assume come punto di riferimento il quadro normativo della Costituzione brasiliana del 1988. Si basa sulle informazioni disponibili sui media relativamente alle idee di Bolsonaro e dei suoi sostenitori, sul suo programma di governo e sui suoi primi atti come Presidente.
Il saggio si propone come un’indagine sullo stato dell’educazione all’interculturalità nel nostro paese, da intendersi come consapevolezza maturata, e strategie agite, di fronte alle questioni della diversità culturale, da tre istituzioni strategiche della sfera pubblica: l’università, che ha il mandato di formare le figure professionali del futuro; le organizzazioni, pubbliche, private e non profit, obbligate, per sopravvivere, ad intercettare e ad affrontare con tempestività l’evoluzione della società; i media, protagonisti della vita culturale e politica e produttori delle narrazioni che alimentano gli immaginari popolari. Nello specifico, la riflessione si fonda sui risultati di tre azioni di ricerca realizzate dagli autori nell’ambito delle attività di un progetto europeo (Codes - Communication, Diversité, Solidarité), e il presente paper costituisce la prima occasione di presentazione pubblica dei medesimi a livello nazionale.
La Tratta delle Bianche ha rappresento un crimine internazionale nuovo, sviluppatosi alla fine del XIX secolo. Nel presente contributo si affronta il problema di come questo fenomeno si configurasse e di come venisse descritto dai giornali e opinione pubblica. Obiettivo di questo articolo è analizzare la lotta internazionale alla Tratta delle Bianche, battaglia nata alla fine dell’Ottocento e sviluppatasi nei vent’anni successivi a livello sovrastatale e, infine, ereditata dalla Società delle Nazioni. Investighiamo gli sviluppi di questa lotta contro il traffico fino ai giorni nostri, per mostrare gli elementi di continuità con il sistema internazionale attuale.
Lo scritto, traendo spunto da un recente libro di G. Zanetti, si propone di illustrare l’evoluzione del dibattito teorico-giuridico sui diritti connessi all’orientamento sessuale dalla prospettiva della giurisprudenza costituzionale . In particolare - nell’esaminare il passaggio dal riconoscimento del diritto alla privacy delle persone gay e lesbiche all’affermazione del valore delle unioni same-sex e della loro eguaglianza e dignità in relazione al diritto al matrimonio - evidenzia come le Corti costituzionali abbiano contribuito al superamento dei conflitti sociali e politici sui diritti LGBT.
L’articolo indaga la portata euristica della Pace Imperfetta (PI), che nasce nel contesto degli studi storici, allo scopo di dimostrare che qualunque approccio che abborda pace e conflitto non può che confrontarsi con le ‘leggi’ della dinamica della società e con un pensiero della condizione umana. Metodo: confronto fra i concetti basici della PI (pace primigenia, interdipendenza, olismo, relativismo, dialettica, empowerment pacifista) e alcune posizioni di peso della filosofia e della sociologia. Il primo risultato evidenza nella PI il superamento di tipo etico nel cercare il ‘meglio possibile’ piuttosto che il ’bene assoluto’, a seguire scopre somiglianze assieme a importanti differenze fra la PI e la teoria della ‘rete del conflitto’. L’articolo segnala infine che il progetto della PI di sviluppare una Teoria della Pace autonoma mostra ombre e lacune non appena si concettualizzi la relazione pace-società per cui, come risultato conclusivo, propone alcune idee per un riesame critico della PI.
Questo lavoro presenta i risultati di un’analisi ottenuta applicando al caso italiano il modello 2METE (Modello di Macroeconomia Ecologica per la Transizione Energetica): un modello ispirato alla letteratura di macroeconomia ecologica. Negli ultimi anni la ricerca internazionale ha prodotto numerosi studi che evidenziano come le eccessive emissioni e il costante degrado ambientale richiedano una revisione significativa delle strategie di crescita e una conseguente trasformazione del sistema economico. Il modello 2METE si propone di testare, in modo formale, l’efficacia e la coerenza di politiche che permettano di raggiungere nel 2050 una riduzione di emissioni di CO2 superiore all’80% rispetto ai livelli del 1990, come richiesto dall’Unione Europea, e che portino, nel contempo, a una riduzione delle disuguaglianze, verificandone l’impatto sulle principali variabili macroeconomiche. Per raggiungere lo scopo è stato necessario sviluppare una teoria che rappresenti i legami tra economia, energia e ambiente, tenendo anche conto delle scelte tecnologiche e di efficienza energetica.
Call for papers
A partire dall'istituzione delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali (intergovernative) hanno assunto un ruolo sempre più importante in materia di mantenimento della pace. Infatti la carta dell'ONU - oltre a stabilire quale suo obiettivo primario (art. 1) il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale - assegna altresì, nel Capo VIII, un importante compito agli accordi od organizzazioni regionali, sia nell'ambito di azioni implicanti l’uso della forza (art. 53) che non (art. 52). Soprattutto a partire dagli anni 90 le iniziative regionali, come mostra la prassi, sono state, in vari casi, coronate da successo. Tali iniziative godono di alcuni vantaggi "strutturali": si attenua la diffidenza con la quale le parti di una controversia guardano agli interventi totalmente esterni; in più, le organizzazioni regionali hanno il miglior polso della situazione, conoscendo la storia, le tradizioni, gli interessi locali e le situazioni interne; inoltre, esse sono direttamente interessate ad evitare l’allargamento della controversia. Tra le organizzazioni regionali con cui l’ONU ha instaurato un’efficace collaborazione vi sono, ad esempio, l’Unione africana, la Lega araba, l’Organizzazione degli Stati americani, nonché l’OSCE e, con risultati più discussi, la NATO.
Gli interventi attuati dalle organizzazioni internazionali a favore della pace hanno una natura complessa e multifunzionale, essendosi evidenziata la necessità di realizzare un’eterogenea tipologia di misure di carattere sociale, economico, politico e istituzionale Ciò ha comportato che anche organizzazioni non governative (ONG) potessero rivestire un ruolo crescente e significativo nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Con la fine della guerra fredda, le tensioni endemiche presenti nei singoli Stati hanno prodotto una nuova tipologia di conflitti. Si tratta di conflitti a carattere intrastatale o transnazionale, in cui le componenti etnica e religiosa svolgono spesso un ruolo di primo piano, coinvolgendo in maniera molto rilevante la popolazione civile. Sono inoltre, spesso, caratterizzati da grande violenza (il che rende ancora più necessari e urgenti gli interventi umanitari) ed il carattere interno delle dispute e la loro aspirazione autonomistica o indipendentista, inoltre, comporta il frequente collasso delle strutture statali.
In questo complesso scenario le organizzazioni non governative hanno dimostrato di poter operare con efficacia. La loro struttura flessibile e non verticistica conferisce loro, infatti, una buona capacità di dialogare con gli elementi della società civile e non di rado esse riescono ad interagire con le stesse autorità locali per la loro attitudine ad essere riconosciute come soggetti super partes.
Alla luce del quadro delineato, Scienza e Pace / Science and Peace intende dedicare una sezione monotematica del prossimo numero al contributo delle organizzazioni internazionali, governative e non governative, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, rivolta in primis a giuristi, scienziati della politica, scienziati sociali, economisti, storici e filosofi.
Scienza e Pace / Science and Peace incoraggia, perciò, la sottomissione di articoli dedicati alle esperienze che testimoniano le potenzialità e i vantaggi del coinvolgimento, nelle operazioni di pace, da un lato delle organizzazioni governative, in particolar modo di quelle regionali, dall’altro delle organizzazioni non governative quali, fra le molte, a titolo puramente esemplificativo, la Comunità di Sant’Egidio, Médecins Sans Frontières e Amnesty International. Incoraggia, inoltre, la sottomissione di articoli dedicati all’interazione e alla collaborazione reciproca tra le organizzazioni in questione, nonché alle prospettive di miglioramento di tale cooperazione.
Istruzioni per gli autori
Per partecipare alla Call for papers inviare un abstract di massimo 300 parole, bibliografia di riferimento esclusa, all'e-mail del Comitato Editoriale (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e del Guest Editor del numero (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.), entro il 31 maggio 2019. L'accettazione dell'abstract sarà comunicata entro il 15 giugno. La data per l'invio finale del paper è il 30 settembre.
I papers dovranno seguire le norme editoriali della rivista e potranno essere scritti in italiano, inglese, francese, spagnolo o portoghese.
Scienza e Pace / Science and Peace organizzerà nell'inverno 2020 una conferenza con gli autori dei papers accettati, in occasione della pubblicazione di un numero monografico della rivista. Alla conferenza le presentazioni potranno essere svolte in italiano o in inglese.