Call for papers / Federico Oliveri

Nella prima parte di questo scritto si tratteggia brevemente la storia delle idee su pace e guerra nel pensiero occidentale e in sociologia; inoltre, si ricorda l’avvio della “ricerca della pace” negli anni ’60, anche in Italia, in particolare all’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia. Nella seconda parte si presentano alcuni aspetti del pensiero di Simmel: l’influenza del suo saggio del 1904 sullo sviluppo degli studi negli USA sulla “Risoluzione dei conflitti”; le sue riflessioni sulla dimensione spaziale della società; e alcuni altri. Si inserisce qui anche un commento critico sugli scritti di Simmel sulla posizione della Germania negli anni della Grande Guerra. Nella terza parte di applicano gli studi di Simmel a proposito di “principi socio-spaziali e loro configurazioni” su alcune teorie più recenti, come il concetto di “società mondiale”, la globalizzazione, e le reazioni ad essa, come il movimento no-global e l’attuale revival del nazionalismo in Europa e negli USA. In conclusione si presenta una nota su un dilemma morale in una società globalizzata.

Nelle pagine finali del secondo capitolo di Soziologie, Simmel introduce il Mediatore come terzo imparziale. Attorno a questa figura sociale convergono buona parte dei temi centrali della sua intera proposta teorica: l’azione reciproca come fattore strutturante della realtà sociale, l’approccio formale allo studio della società, la funzione integrativa del conflitto. Il presente saggio si propone di gettare un ponte tra la riflessioen simmeliana e l'attualità. L'obiettivo è mostrare come in un momento storico, come l'attuale, in cui assume crescente importanza la risoluzione extragiudiziale del conflitto, l'analisi delle dinamiche relazionali proposta da Simmel risulti ancora oggi uno strumento di fondamentale importanza sia per il lavoro del mediatore civile e penale, che per operatore sociale che si trovi a gestire dinamiche conflittuali.

Nel 1903 Simmel pubblicò il suo breve studio sulla sociologia della competizione, dopo che il concorso per la successione alla importante cattedra di Georg von Gizicky a Berlino alla fine degli anni ‘90. In quella circostanza fu sconfitto da Max Dessoir, un allievo di Wilhelm Dilthey, quest’ultimo in forte contrasto con Moritz Lazarus, maestro di Simmel. Quindi l’episodio competitivo faceva parte di un conflitto più ampio. L'articolo tenta di collocare lo studio di Simmel sulla competizione sullo sfondo della vicenda biografica del suo autore. Per primo traccia la natura sociologica della competizione, che differisce dal conflitto convenzionale nella sua forma triadica; poi mostra che se orientata a un obbiettivo comune, la competizione ha un effetto socializzante sulla cerchia sociale dei concorrenti. Un concetto che, appunto, sembra nascere dalla vicenda personale che coinvolse Simmel, dato che la competizione menzionata migliorò la condizione di tutti i contendenti coinvolti ed ebbe l’effetto di amalgamare i partecipanti alla medesima cerchia sociale.

 

Per Simmel non è realistico né desiderabile lottare per un'utopia di pace eterna. Gli esseri umani possono collaborare e svilupparsi solo se intrattengono una qualche forma di conflitto tra loro. Di conseguenza, dovrebbero inventare e istituzionalizzare il tipo più umano di conflitto. Invece di combattersi in guerra e piegare l’avversario sconfitto alla morte o alla schiavitù, dovrebbero competere pacificamente e quindi rivaleggiare a livelli superiori di cultura e prestazioni. Quest’approccio al conflitto Simmel lo applica a tre livelli: 1) Le visioni del mondo create da religione, arte e cultura descrivono ciascuna l'universo come un tutto; non possono sostituirsi a vicenda, non possono ragionevolmente essere in conflitto, ma possono e dovrebbero competere. 2) I gruppi estranei l'uno all'altro non possono imporre a se stessi di unirsi, dovrebbero invece entrare in comunicazione mediante interscambi, ridurre le differenze attraverso la competizione e col tempo diventare sempre più simili. 3) Le imprese, che offrono beni e servizi sul mercato, dovrebbero mettersi in competizione per guadagnare il gradimento del cliente e quindi cercare a suo vantaggio un tipo di concorrenza commerciale non violenta. Un riepilogo finale mostra ciò che i tre livelli hanno in comune.

Il saggio propone una riflessione sulla ricerca sociologica di Georg Simmel alla luce degli sviluppi della teoria sociologica classica e contemporanea. Vengono analizzate in particolare le nozioni di socialità e l'idea di individuo quali elementi centrali e discussi della teoria sociologica di Simmel, cruciali per comprendere vari fenomeni conflittuali che caratterizzano il capitalismo contemporaneo.

Questo contributo intende indagare il tema del conflitto interindividuale, così come trattato nel capitolo IV della Sociologia di Georg Simmel. L’obiettivo è capire se l’analisi simmeliana delle diverse modalità con cui, in una prospettiva sociologica, si confligge ci autorizza a elaborare una precisa tipologia delle forme sociali in cui il ‘contrasto’ tra individui si manifesta. L’articolo individua almeno quattro modelli diversi di relazione conflittuale, che si differenzierebbero a seconda delle motivazioni individuali dell’agire e dei diversi significati attribuiti dagli attori sociali alle loro condotte. A date condizioni psico-sociali, l’A. ritiene che il conflitto possa trovare la sua motivazione profonda: ì. nel bisogno (esistenziale) di autorealizzazione, soddisfatto evidentemente attraverso l’affermazione della propria volontà a scapito di quella altrui (conflitto come strumento di espansione), ii. nei bisogni emotivi primitivi degli individui (conflitto come dinamica relazionale ‘fine a se stessa’); iii. nel bisogno di mantenere in equilibrio dinamico la struttura di ruoli e relazioni interpersonali (conflitto regolamentato attraverso specifiche procedure condivise); iv. nel bisogno di approvazione sociale (il conflitto mantiene o sovverte l’ordine costituito).

Il problema centrale dell’articolo riguarda il conflitto che esploda in un gruppo quando uno dei suoi partecipanti intraprende un’azione intenzionale che ha come scopo la decostruzione di una menzogna. Si sostiene l’idea che, per via di questo tipo di azione, il partecipante in questione perde l’appoggio del gruppo, ma guadagna l’autonomia dalla narrativa menzognera. Vengono analizzate le complessità di un tale conflitto per l’individuo e per il gruppo. L’autore si attinge dalla Teoria del Conflitto di Simmel, e dai suoi concetti di vita, forma, menzogna, fedeltà e scopo. Le affermazioni teoriche di Simmel vengono illustrate con esempi vividi dalla letturatura, dai film, e dal giornalismo.

L’articolo intende proporre una riflessione sul saggio Il conflitto della cultura moderna di Georg Simmel, sottolineandone il rilevante contributo che, utilizzando il tema dell’opposizione al principio della forma, l’autore dà proprio nella direzione di una spiegazione originale in questo filone di studi. Lo specifico ambito nel quale l’articolo colloca la prospettiva di analisi del saggio simmeliano, tra i tanti possibili vista la potenza e la ricchezza di significati e di contenuti ivi presenti, è quello del fenomeno, osservabile sia in campo artistico, sia nell’ambito della cultura e delle relazioni interpersonali, della progressiva semplificazione delle forme esteriori. Ciò, a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, passando per i movimenti artistici, intellettuali e scientifici che caratterizzarono la vita culturale tedesca e austriaca nei primi due decenni del Novecento, per giungere, infine, a collocare le conseguenze di questo lungo processo nell’età dell’individualismo di massa del XX secolo.

Il contributo si propone di indagare l’idea di conflitto nel pensiero polivoco di Georg Simmel. Essa, per essere correttamente interpretata, deve essere letta attraverso la Lebensphilosophie simmeliana, manifestandosi come problema centrale della sua filosofia. Infatti il conflitto vita/forma riassume in sé tutti i singolari contrasti che segnano l’esistenza dell’uomo. A partire dall’idea di cultura e della sua crisi, attraverso alcuni snodi determinanti della filosofia simmeliana, si sono investigati alcuni momenti della sua produzione, al fine di mettere in luce l’adialetticità e l’eternità del conflitto nella vita, divenuta il «re nascosto» della nostra Kultur. I punti cospicui che hanno permesso una navigazione non sempre lineare sono stati individuati non solo attraverso la particolare e originale filosofia simmeliana ma anche in virtù di una ricostruzione non strettamente cronologica della sua ultima produzione che va dal 1914 al 1918. In tal modo si è proposta una chiave di lettura del conflitto e della filosofia della vita che mettesse in luce il carattere di reciprocità e di ciò che si può definire l’unicità simmeliana, l’apax del suo pensiero, ancora determinante per la nostra contemporaneità.

Attraverso gli originali saggi di Simmel noi comprendiamo perché il fluire dinamico della vita e della storia, l’io fallibile, reciproco, non si possiede mai totalmente con se stesso come identità, affidabile e sicura. Ciò non traduce una negatività che si disloca nel mezzo, tra il negativo e l’io: cioè l’alterità, il navigante nell’in-finito. Il non-proprio-dell’io, giammai identico a se stesso, è fatto e generato dall’altro, nel conflitto. Come per Hegel, anche per Simmel l’io è costituito dal rapporto con l’altro. Una alterità che lo (ri)compone e lo erode nella vita delle forme dell’io reciproco. Non si può pensare-di-pensare la vita come flusso in cui si dislocano la coscienza, i corpi e le cose fuori da questa relazione. Le trame di questo intrico fanno sì che la vita, la società, la filosofia, la politica, la scienza e l’arte, cioè la cultura, possono farci ri-conoscere come soggetti individuali di desiderio, di potere e di sapere, nel nostro limite, in un’ontologia dell’umano e del sociale non depoliticizzante, in cui il principio reciprocità assurge a dimensione costitutiva dell’inquieto divenire dell’essere, a cui non ci si può sottrarre dal momento che l’umano è un essere imperfetto e mancante.

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