Call for papers / Federico Oliveri

Call for papers

 

Il contributo delle organizzazioni intergovernative e non governative al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale

 

A partire dall'istituzione delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali (intergovernative) hanno assunto un ruolo sempre più importante in materia di mantenimento della pace. Infatti la carta dell'ONU - oltre a stabilire quale suo obiettivo primario (art. 1) il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale - assegna altresì, nel Capo VIII, un importante compito agli accordi od organizzazioni regionali, sia nell'ambito di azioni implicanti l’uso della forza (art. 53) che non (art. 52). Soprattutto a partire dagli anni 90 le iniziative regionali, come mostra la prassi, sono state, in vari casi, coronate da successo. Tali iniziative godono di alcuni vantaggi "strutturali": si attenua la diffidenza con la quale le parti di una controversia guardano agli interventi totalmente esterni; in più, le organizzazioni regionali hanno il miglior polso della situazione, conoscendo la storia, le tradizioni, gli interessi locali e le situazioni interne; inoltre, esse sono direttamente interessate ad evitare l’allargamento della controversia. Tra le organizzazioni regionali con cui l’ONU ha instaurato un’efficace collaborazione vi sono, ad esempio, l’Unione africana, la Lega araba, l’Organizzazione degli Stati americani, nonché l’OSCE e, con risultati più discussi, la NATO.

Gli interventi attuati dalle organizzazioni internazionali a favore della pace hanno una natura complessa e multifunzionale, essendosi evidenziata la necessità di realizzare un’eterogenea tipologia di misure di carattere sociale, economico, politico e istituzionale Ciò ha comportato che anche organizzazioni non governative (ONG) potessero rivestire un ruolo crescente e significativo nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Con la fine della guerra fredda, le tensioni endemiche presenti nei singoli Stati hanno prodotto una nuova tipologia di conflitti. Si tratta di conflitti a carattere intrastatale o transnazionale, in cui le componenti etnica e religiosa svolgono spesso un ruolo di primo piano, coinvolgendo in maniera molto rilevante la popolazione civile. Sono inoltre, spesso, caratterizzati da grande violenza (il che rende ancora più necessari e urgenti gli interventi umanitari) ed il carattere interno delle dispute e la loro aspirazione autonomistica o indipendentista, inoltre, comporta il frequente collasso delle strutture statali.

In questo complesso scenario le organizzazioni non governative hanno dimostrato di poter operare con efficacia. La loro struttura flessibile e non verticistica conferisce loro, infatti, una buona capacità di dialogare con gli elementi della società civile e non di rado esse riescono ad interagire con le stesse autorità locali per la loro attitudine ad essere riconosciute come soggetti super partes.

Alla luce del quadro delineato, Scienza e Pace / Science and Peace intende dedicare una sezione monotematica del prossimo numero al contributo delle organizzazioni internazionali, governative e non governative, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, rivolta in primis a giuristi, scienziati della politica, scienziati sociali, economisti, storici e filosofi.

Scienza e Pace / Science and Peace incoraggia, perciò, la sottomissione di articoli dedicati alle esperienze che testimoniano le potenzialità e i vantaggi del coinvolgimento, nelle operazioni di pace, da un lato delle organizzazioni governative, in particolar modo di quelle regionali, dall’altro delle organizzazioni non governative quali, fra le molte, a titolo puramente esemplificativo, la Comunità di Sant’Egidio, Médecins Sans Frontières e Amnesty International. Incoraggia, inoltre, la sottomissione di articoli dedicati all’interazione e alla collaborazione reciproca tra le organizzazioni in questione, nonché alle prospettive di miglioramento di tale cooperazione.

 

Istruzioni per gli autori

Per partecipare alla Call for papers inviare un abstract di massimo 300 parole, bibliografia di riferimento esclusa, all'e-mail del Comitato Editoriale (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e del Guest Editor del numero (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.), entro il 31 maggio 2019. L'accettazione dell'abstract sarà comunicata entro il 15 giugno. La data per l'invio finale del paper è il 30 settembre.

I papers dovranno seguire le norme editoriali della rivista e potranno essere scritti in italiano, inglese, francese, spagnolo o portoghese.

Scienza e Pace / Science and Peace organizzerà nell'inverno 2020 una conferenza con gli autori dei papers accettati, in occasione della pubblicazione di un numero monografico della rivista. Alla conferenza le presentazioni potranno essere svolte in italiano o in inglese.

Questo articolo ricostruisce i principali punti del dibattito accademico sulla relazione tra disuguaglianza economica e conflitti. Dopo aver chiarito cosa si intende con l'espressione "disuguaglianza economica", l'autore richiama il modo con cui questa viene misurata e riferisce alcuni dati fondamentali in materia di reddito e distribuzione diseguale della ricchezza nei e tra i paesi, su scala globale, offrendo alcune possibili spiegazioni. Viene poi affrontata la questione centrale dell'articolo, ovvero la correlazione tra disuguaglianza economica e conflitti. In particolare, si esamina il possibile nesso tra disuguaglianze economiche nei paesi e conflitti interni, in connessione col ruolo svolto dal capitale sociale che può essere minacciato dalla disuguaglianza economica. In conclusione, l'autore analizza la correlazione tra disuguaglianze tra paesi e conflitti esterni o internazionali, inclusi i conflitti collegati con il fenomeno, oggi particolarmente rilevante, delle migrazioni.

Queste note di ricerca analizzano gli sviluppi conclusivi del conflitto armato tra lo stato colombiano e le FARC. La recente fase di cambiamento è stata caratterizzata dalla pugnacità dei partecipanti al dibattito politico sul processo di pace con la principale organizzazione insorgente del paese. La riflessione su come terminano i conflitti è ispirata alle teorie di Georg Simmel. L'analisi si sofferma su vari aspetti dell'accordo di pace nell'ambito della campagna presidenziale. Uno dei principali risultati di questo esame peliminare del tema è che lo studio di simili periodi di transizione non richiede soltanto il contributo di una sociologia del conflitto ma anche l'impiego di strumenti di filosofia della storia e di memory studies. Riteniamo dunque che una ricerca sociale che volesse compiutamente studiare l'attualità della Colombia dovrebbe necessariamente essere capace di cogliere forme di socialità in movimento e trasformazione.

Georg Simmel è uno dei fondatori della moderna teoria del conflitto, precursore della polemologia. Le sue ricerche presentano uno degli approcci più originali emersi nel XX secolo per la costruzione di una sociologia dell'antagonismo come processo di socializzazione. Questo saggio è un tentativo di connettere, attraverso una metodologia dialogico-dialettica, gli approcci di Simmel con una teoria generale di mappatura della pace e, in particolare, con il concetto di pace neutrale sviluppato dalla Scuola di Granada. Questa metodologia mira a individuare punti di convergenza su cui provare a costruire una antropologia della neutralità con cui una società alle prese con il conflitto (e con la sua risoluzione, gestione e trasformazione) può utlizzare il concetto di pace neutrale per provare a superare la tensione tra le parti in contrasto in termini di crisi e alternativa.

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