La Tratta delle Bianche ha rappresento un crimine internazionale nuovo, sviluppatosi alla fine del XIX secolo. Nel presente contributo si affronta il problema di come questo fenomeno si configurasse e di come venisse descritto dai giornali e opinione pubblica. Obiettivo di questo articolo è analizzare la lotta internazionale alla Tratta delle Bianche, battaglia nata alla fine dell’Ottocento e sviluppatasi nei vent’anni successivi a livello sovrastatale e, infine, ereditata dalla Società delle Nazioni. Investighiamo gli sviluppi di questa lotta contro il traffico fino ai giorni nostri, per mostrare gli elementi di continuità con il sistema internazionale attuale.
Lo scritto, traendo spunto da un recente libro di G. Zanetti, si propone di illustrare l’evoluzione del dibattito teorico-giuridico sui diritti connessi all’orientamento sessuale dalla prospettiva della giurisprudenza costituzionale . In particolare - nell’esaminare il passaggio dal riconoscimento del diritto alla privacy delle persone gay e lesbiche all’affermazione del valore delle unioni same-sex e della loro eguaglianza e dignità in relazione al diritto al matrimonio - evidenzia come le Corti costituzionali abbiano contribuito al superamento dei conflitti sociali e politici sui diritti LGBT.
L’articolo indaga la portata euristica della Pace Imperfetta (PI), che nasce nel contesto degli studi storici, allo scopo di dimostrare che qualunque approccio che abborda pace e conflitto non può che confrontarsi con le ‘leggi’ della dinamica della società e con un pensiero della condizione umana. Metodo: confronto fra i concetti basici della PI (pace primigenia, interdipendenza, olismo, relativismo, dialettica, empowerment pacifista) e alcune posizioni di peso della filosofia e della sociologia. Il primo risultato evidenza nella PI il superamento di tipo etico nel cercare il ‘meglio possibile’ piuttosto che il ’bene assoluto’, a seguire scopre somiglianze assieme a importanti differenze fra la PI e la teoria della ‘rete del conflitto’. L’articolo segnala infine che il progetto della PI di sviluppare una Teoria della Pace autonoma mostra ombre e lacune non appena si concettualizzi la relazione pace-società per cui, come risultato conclusivo, propone alcune idee per un riesame critico della PI.
Questo lavoro presenta i risultati di un’analisi ottenuta applicando al caso italiano il modello 2METE (Modello di Macroeconomia Ecologica per la Transizione Energetica): un modello ispirato alla letteratura di macroeconomia ecologica. Negli ultimi anni la ricerca internazionale ha prodotto numerosi studi che evidenziano come le eccessive emissioni e il costante degrado ambientale richiedano una revisione significativa delle strategie di crescita e una conseguente trasformazione del sistema economico. Il modello 2METE si propone di testare, in modo formale, l’efficacia e la coerenza di politiche che permettano di raggiungere nel 2050 una riduzione di emissioni di CO2 superiore all’80% rispetto ai livelli del 1990, come richiesto dall’Unione Europea, e che portino, nel contempo, a una riduzione delle disuguaglianze, verificandone l’impatto sulle principali variabili macroeconomiche. Per raggiungere lo scopo è stato necessario sviluppare una teoria che rappresenti i legami tra economia, energia e ambiente, tenendo anche conto delle scelte tecnologiche e di efficienza energetica.
Call for papers
A partire dall'istituzione delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali (intergovernative) hanno assunto un ruolo sempre più importante in materia di mantenimento della pace. Infatti la carta dell'ONU - oltre a stabilire quale suo obiettivo primario (art. 1) il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale - assegna altresì, nel Capo VIII, un importante compito agli accordi od organizzazioni regionali, sia nell'ambito di azioni implicanti l’uso della forza (art. 53) che non (art. 52). Soprattutto a partire dagli anni 90 le iniziative regionali, come mostra la prassi, sono state, in vari casi, coronate da successo. Tali iniziative godono di alcuni vantaggi "strutturali": si attenua la diffidenza con la quale le parti di una controversia guardano agli interventi totalmente esterni; in più, le organizzazioni regionali hanno il miglior polso della situazione, conoscendo la storia, le tradizioni, gli interessi locali e le situazioni interne; inoltre, esse sono direttamente interessate ad evitare l’allargamento della controversia. Tra le organizzazioni regionali con cui l’ONU ha instaurato un’efficace collaborazione vi sono, ad esempio, l’Unione africana, la Lega araba, l’Organizzazione degli Stati americani, nonché l’OSCE e, con risultati più discussi, la NATO.
Gli interventi attuati dalle organizzazioni internazionali a favore della pace hanno una natura complessa e multifunzionale, essendosi evidenziata la necessità di realizzare un’eterogenea tipologia di misure di carattere sociale, economico, politico e istituzionale Ciò ha comportato che anche organizzazioni non governative (ONG) potessero rivestire un ruolo crescente e significativo nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Con la fine della guerra fredda, le tensioni endemiche presenti nei singoli Stati hanno prodotto una nuova tipologia di conflitti. Si tratta di conflitti a carattere intrastatale o transnazionale, in cui le componenti etnica e religiosa svolgono spesso un ruolo di primo piano, coinvolgendo in maniera molto rilevante la popolazione civile. Sono inoltre, spesso, caratterizzati da grande violenza (il che rende ancora più necessari e urgenti gli interventi umanitari) ed il carattere interno delle dispute e la loro aspirazione autonomistica o indipendentista, inoltre, comporta il frequente collasso delle strutture statali.
In questo complesso scenario le organizzazioni non governative hanno dimostrato di poter operare con efficacia. La loro struttura flessibile e non verticistica conferisce loro, infatti, una buona capacità di dialogare con gli elementi della società civile e non di rado esse riescono ad interagire con le stesse autorità locali per la loro attitudine ad essere riconosciute come soggetti super partes.
Alla luce del quadro delineato, Scienza e Pace / Science and Peace intende dedicare una sezione monotematica del prossimo numero al contributo delle organizzazioni internazionali, governative e non governative, al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, rivolta in primis a giuristi, scienziati della politica, scienziati sociali, economisti, storici e filosofi.
Scienza e Pace / Science and Peace incoraggia, perciò, la sottomissione di articoli dedicati alle esperienze che testimoniano le potenzialità e i vantaggi del coinvolgimento, nelle operazioni di pace, da un lato delle organizzazioni governative, in particolar modo di quelle regionali, dall’altro delle organizzazioni non governative quali, fra le molte, a titolo puramente esemplificativo, la Comunità di Sant’Egidio, Médecins Sans Frontières e Amnesty International. Incoraggia, inoltre, la sottomissione di articoli dedicati all’interazione e alla collaborazione reciproca tra le organizzazioni in questione, nonché alle prospettive di miglioramento di tale cooperazione.
Istruzioni per gli autori
Per partecipare alla Call for papers inviare un abstract di massimo 300 parole, bibliografia di riferimento esclusa, all'e-mail del Comitato Editoriale (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.) e del Guest Editor del numero (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.), entro il 31 maggio 2019. L'accettazione dell'abstract sarà comunicata entro il 15 giugno. La data per l'invio finale del paper è il 30 settembre.
I papers dovranno seguire le norme editoriali della rivista e potranno essere scritti in italiano, inglese, francese, spagnolo o portoghese.
Scienza e Pace / Science and Peace organizzerà nell'inverno 2020 una conferenza con gli autori dei papers accettati, in occasione della pubblicazione di un numero monografico della rivista. Alla conferenza le presentazioni potranno essere svolte in italiano o in inglese.