Il problema centrale dell’articolo riguarda il conflitto che esploda in un gruppo quando uno dei suoi partecipanti intraprende un’azione intenzionale che ha come scopo la decostruzione di una menzogna. Si sostiene l’idea che, per via di questo tipo di azione, il partecipante in questione perde l’appoggio del gruppo, ma guadagna l’autonomia dalla narrativa menzognera. Vengono analizzate le complessità di un tale conflitto per l’individuo e per il gruppo. L’autore si attinge dalla Teoria del Conflitto di Simmel, e dai suoi concetti di vita, forma, menzogna, fedeltà e scopo. Le affermazioni teoriche di Simmel vengono illustrate con esempi vividi dalla letturatura, dai film, e dal giornalismo.
L’articolo intende proporre una riflessione sul saggio Il conflitto della cultura moderna di Georg Simmel, sottolineandone il rilevante contributo che, utilizzando il tema dell’opposizione al principio della forma, l’autore dà proprio nella direzione di una spiegazione originale in questo filone di studi. Lo specifico ambito nel quale l’articolo colloca la prospettiva di analisi del saggio simmeliano, tra i tanti possibili vista la potenza e la ricchezza di significati e di contenuti ivi presenti, è quello del fenomeno, osservabile sia in campo artistico, sia nell’ambito della cultura e delle relazioni interpersonali, della progressiva semplificazione delle forme esteriori. Ciò, a partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, passando per i movimenti artistici, intellettuali e scientifici che caratterizzarono la vita culturale tedesca e austriaca nei primi due decenni del Novecento, per giungere, infine, a collocare le conseguenze di questo lungo processo nell’età dell’individualismo di massa del XX secolo.
Il contributo si propone di indagare l’idea di conflitto nel pensiero polivoco di Georg Simmel. Essa, per essere correttamente interpretata, deve essere letta attraverso la Lebensphilosophie simmeliana, manifestandosi come problema centrale della sua filosofia. Infatti il conflitto vita/forma riassume in sé tutti i singolari contrasti che segnano l’esistenza dell’uomo. A partire dall’idea di cultura e della sua crisi, attraverso alcuni snodi determinanti della filosofia simmeliana, si sono investigati alcuni momenti della sua produzione, al fine di mettere in luce l’adialetticità e l’eternità del conflitto nella vita, divenuta il «re nascosto» della nostra Kultur. I punti cospicui che hanno permesso una navigazione non sempre lineare sono stati individuati non solo attraverso la particolare e originale filosofia simmeliana ma anche in virtù di una ricostruzione non strettamente cronologica della sua ultima produzione che va dal 1914 al 1918. In tal modo si è proposta una chiave di lettura del conflitto e della filosofia della vita che mettesse in luce il carattere di reciprocità e di ciò che si può definire l’unicità simmeliana, l’apax del suo pensiero, ancora determinante per la nostra contemporaneità.
Attraverso gli originali saggi di Simmel noi comprendiamo perché il fluire dinamico della vita e della storia, l’io fallibile, reciproco, non si possiede mai totalmente con se stesso come identità, affidabile e sicura. Ciò non traduce una negatività che si disloca nel mezzo, tra il negativo e l’io: cioè l’alterità, il navigante nell’in-finito. Il non-proprio-dell’io, giammai identico a se stesso, è fatto e generato dall’altro, nel conflitto. Come per Hegel, anche per Simmel l’io è costituito dal rapporto con l’altro. Una alterità che lo (ri)compone e lo erode nella vita delle forme dell’io reciproco. Non si può pensare-di-pensare la vita come flusso in cui si dislocano la coscienza, i corpi e le cose fuori da questa relazione. Le trame di questo intrico fanno sì che la vita, la società, la filosofia, la politica, la scienza e l’arte, cioè la cultura, possono farci ri-conoscere come soggetti individuali di desiderio, di potere e di sapere, nel nostro limite, in un’ontologia dell’umano e del sociale non depoliticizzante, in cui il principio reciprocità assurge a dimensione costitutiva dell’inquieto divenire dell’essere, a cui non ci si può sottrarre dal momento che l’umano è un essere imperfetto e mancante.
Scienza e Pace / Science and Peace è lieta di presentare alla comunità accademica e al pubblico il proprio ultimo volume monografico "Dal conflitto alla pace, in cammino con Georg Simmel". Il volume raccoglie i Research Papers selezionati attraverso la call for papers intitolata "Teorie del conflitto e filosofie della pace. A 100 anni dalla pubblicazione di Der Konflikt der Modernen Kultur di Georg Simmel".
La presentazione si svolgerà giovedì 29 novembre, ore 16, presso l'Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Pisa, via F. Serafini, 3 (piano terra).
Scienza e Pace / Science and Peace ha scelto di dedicare un volume monografico a Georg Simmel per esplorare la fecondità della sua proposta teorica, di pensare conflitto e pace insieme. Appena le diverse parti entrano in contatto nasce il contrasto: l’oggetto di quel contrasto è ciò che unisce le parti. Ne nasce un'unità contraddittoria, sempre in equilibrio precario, fatta di elementi in competizione ma complementari, interfaccia l’uno dell’altro. Non c’è un'unità originaria, caratterizzata dall'intesa o dall'armonia, che viene interrotta da conflitti e che, attraverso certi mezzi (empatia, altruismo, welfare, ecc.) viene ricomposta, come nell'idea di Pace Positiva. Non c’è neanche un'unità o armonia come fine da raggiungere eliminando o combattendo i fattori (il conflitto, il male, il ‘diverso’, la violenza, la guerra) che ne ostacolano il conseguimento, come nell'idea di Pace Negativa. Con Georg Simmel abbiamo una ‘Terza Via’: le parti in contraddizione seguono una dialettica non conciliatoria. Se il conflitto è il germe della Pace, la Pace si costruisce man mano che il conflitto si svolge ed evolve. Varie forme di evoluzione del conflitto sono allora possibili (gestione, trasformazione, risoluzione), accompagnate da varie forme di pace.
Intervengono alla presentazione:
Enza Pellecchia, Direttrice del Centro Interdisciplinare "Scienze per la Pace" - Università di Pisa
Pompeo Della Posta, Direttore di Scienza e Pace / Science and Peace
Vincenzo Mele, Editor in chief della rivista Simmel Studies
Raimondo Strassoldo, autore di Conflitto e pace nella società globalizzata
Tiziano Telleschi, Guest Editor del numero monografico
Negli ultimi vent’anni si è consolidato in Europa il consenso intorno alle politiche di controllo dell’immigrazione promosse in modo trasversale da governi conservatori e progressisti, spesso sotto la pressione di movimenti populisti e di estrema destra. Si è affermata una gestione delle frontiere di tipo securitario, altamente selettiva e punitiva, in deroga agli obblighi degli Stati in materia di diritti umani, costruendo una gerarchia globale della mobilità assai svantaggiosa per chi è nato nel Sud del mondo e dispone di poche risorse. Sono state introdotte norme sull’accesso al welfare e alla cittadinanza sempre più ispirate a criteri di rigore, di ‘merito’ e di appartenenza identitaria alla comunità nazionale. Sono aumentati i controlli sui migranti ‘irregolari’ e sono state adottate regole più dure per la detenzione amministrativa e le espulsioni. Le contraddizioni tra queste politiche e i principi garantisti e democratici dell’ordinamento costituzionale sono state neutralizzate: le leggi sull’immigrazione vengono presentate come colour-blind, ispirate all’interesse nazionale e basate su presunti dati di fatto, e soprattutto vengono giustificate come risposta alla ‘domanda di sicurezza’ dei cittadini. Xenofobia e sciovinismo sono stati così ammessi tra gli argomenti politici legittimi, dando luogo a un nuovo tipo di ‘razzismo democratico’: milioni di ‘non-cittadini’ vivono in condizioni di subordinazione, senza che ciò susciti dubbi nella maggioranza della popolazione. [...]
Ogni tempo ha il suo fascismo, se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col timore dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
Primo Levi
Libertà, democrazia, sicurezza, privacy. Sono alcune tra le parole più controverse, ma anche più dense di significato, che vengono utilizzate nelle scienze sociali e nel discorso pubblico, mediatico e politico, contemporaneo. Da secoli sulla definizione e la messa in pratica dei concetti di “libertà” e “democrazia” si sono impegnati, con posizioni e risultati diversi, intellettuali e militanti. Per difendere libertà e democrazia si sono combattute guerre di resistenza, per preservarle e realizzarle si sono scritte le costituzioni moderne. Oggi, la tranquillità dei Paesi occidentali ha reso la maggioranza dei cittadini poco sensibili, e forse inconsapevoli, rispetto al fatto che i pericoli per la democrazia e la libertà non sono affatto svaniti, malgrado l’assenza di una guerra guerreggiata sul territorio europeo, fatta di carri armati e di bombardamenti aerei. Tali pericoli sono sempre presenti, ma agiscono in modo più subdolo perché sono pericoli “invisibili” che le autorità hanno interesse a coprire o minimizzare, per mantenere intatto il senso comune liberal-democratico e la fiducia nello Stato di diritto. [...]
Il Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, in provincia di Catania, rappresenta il simbolo del fallimentare sistema di accoglienza italiano. Immerso nelle campagne della piana di Catania, e lontano dai centri abitati, si trova l’ex Residence degli Aranci, un tempo lussuosa residenza delle famiglie dei militari statunitensi di stanza a Sigonella, oggi il più grande CARA esistente in Italia e in Europa. Istituito repentinamente nell’ambito della cosiddetta “Emergenza Nord Africa”, nel marzo del 2011, il CARA di Mineo è stato, sin dal principio, descritto come il fiore all’occhiello dell’accoglienza all’italiana, un modello da esportare in Europa. Allo stesso tempo è stato definito “ghetto”, “prigione dorata”, “inferno a 5 stelle”, “limbo”. Attualmente ospita circa quattromila richiedenti asilo a fronte di una capacità, dichiarata sin dalla sua apertura, di duemila posti. [...]