Call for papers / Federico Oliveri

Sarebbe impossibile esaurire in un solo, breve articolo il bilancio di 13 anni di Hugo Chavez, soprattutto nel clima passionale di contrapposizione che è seguito alla sua morte, che ha accompagnato l'elezione del suo ex ministro degli esteri Nicolas Maduro, e che sta proseguendo con la contestazione del risultato elettorale da parte dell'opposizione. Mi limiterò a offrire, dunque, alcuni elementi di riflessione che andranno in ogni caso integrati - e verificati - in futuro, per avere un quadro più completo del processo in corso di trasformazione del Venezuela. l 5 marzo scorso Hugo Chavez è morto e il paese affronta il dopo Chavez in un clima di spaccatura, che del resto è assai precedente e risale almeno alla sua andata al potere, nel 1998. Una vittoria elettorale limpida e netta quella di allora, con l’58% di voti, così come le successive. Ciononostante il neo-presidente dovette subire un golpe nel 2002 e un micidiale paro (sciopero) petrolifero poco dopo. Chi ha visionato il film La revolucion no sera transmitida, girato parte dentro e parte fuori del palazzo presidenziale da due cineasti britannici occasionalmente presenti, non può dubitare né della grande popolarità del presidente, che si è mantenuta fino ad oggi, né della sua complessa e ricca personalità. Alla prima vittoria elettorale ne sono seguite un’altra decina, fra elezioni e referendum, con una unica sconfitta: quella del referendum per una seconda nuova costituzione, svoltosi nel 2007, per modificare quella approvata nel 1999, pochi mesi dopo che Chavez era salito alla presidenza. [...]

Il presidente del Venezuela. Hugo Chavez è morto. La stampa mondiale e Internet sono stati sommersi da valutazioni dei suoi successi, che vanno dalle lodi senza fine alle denunce senza fine, con un certo numero di persone che esprimono un livello un po' più controllato o limitato di lode o di denuncia. L'unica cosa su cui tutti sembrano d'accordo è che Hugo Chavez è stato un leader carismatico.
Che cosa è un leader carismatico? E' qualcuno che ha una personalità molto forte, una visione politica abbastanza chiara, ed è capace di seguirla con grande energia e perseveranza. I leader carismatici attirano grande sostegno, innanzitutto nel proprio paese. Allo stesso tempo, le stesse loro caratteristiche che attirano supporto sono le stesse che mobilitano profonde opposizioni alla loro politica. Tutto questo è stato sicuramente vero nel caso di Chavez. [...]

Quest’anno Tunisi ha accolto il World Social Forum, il grande appuntamento della società civile di ispirazione anti-liberista, che riunisce annualmente migliaia di attivisti, associazioni e movimenti di tutto il mondo impegnati nella lotta per i diritti umani e la salvaguardia dell’ambiente. Il primo forum sociale mondiale si è tenuto nel 2001 a Porto Alegre, in Brasile, in contrapposizione simbolica e politica al World Economic Forum, un appuntamento che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali, nonché i think tank della globalizzazione neoliberista. Inizialmente concepito come uno spazio pubblico e uno strumento per contrastare le politiche economiche dominanti, il Forum sociale mondiale è diventato nel corso degli anni un punto di riferimento per la creazione di alternative concrete al sistema socio-economico attualmente in crisi. I dodici forum che si sono tenuti fino ad oggi in diversi paesi di tre continenti – America Latina, Asia e Africa – hanno mostrato un sempre maggiore interesse della società civile per questioni economiche, sociali e ambientali decisive per il futuro dell’umanità, e una sempre più forte volontà di essere protagonisti del cambiamento necessario a rispondere a ingiustizie, crisi e conflitti. [...]

La comunicazione, come ha chiarito Castells (2006), si è profondamente modificata a seguito dello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Si è passati da una comunicazione one to many, quella tipica della televisione e della radio, ad una many to many ossia in cui una molteplicità di attori trasmette informazioni ad una sempre più ampia platea di ascoltatori e spettatori (si pensi a youtube, myspace, facebook e altri social media). Tutto questo apre uno spazio interessante di riflessione sulle potenzialità politiche della rete (Quadrelli 2012). Si tratta di capire come siano cambiati, tra l’altro, gli “utenti” dei servizi di comunicazione: non solo perché la popolazione dei paesi avanzati è maggiormente istruita, ma anche perché sono aumentate le competenze di chi si avvicina a queste nuove tecnologie. Bisogna tener conto di un fatto inedito, epocale: le nuove generazioni nascono embedded in una società digitalizzata. Sono i cosiddetti “nativi digitali” (Ferri 2011) e presentano capacità istintive nell’uso e nella comprensione di cellulari, Ipad, computer, tablet, ecc. Gli utenti non sono più solo “soggetti passivi” della comunicazione, semplici spugne di messaggi prodotti da altri (Paccagnella 2002), bensì anche attori: sono pro-attivi nella gestione delle informazioni recepite e nel loro riutilizzo. [...]

Il pensatore occidentale più noto che si oppone all’idea morale della pace è certamente Thomas Hobbes. All’origine dei rapporti tra gli esseri umani ci sarebbe la guerra; e non sarebbe potuto essere diversamente, data una natura umana votata alla competizione per la vita e per risorse scarse. La pace sarebbe una costruzione artificiale, un obiettivo da costruire per essere più sicuri: non avrebbe uno statuto morale indipendente dal fatto di servire agli esseri umani per poter raggiungere altri scopi. La pace, in questa concezione, non si definisce in base a concetti come empatia, reciprocità, bisogno, cura, consapevolezza della propria vulnerabilità. Essa è vista piuttosto come un patto: un contratto da cui a certe condizioni si può recedere. Nessuno è obbligato a osservare un patto se non è sicuro che l’altro farà altrettanto. La conseguenza filosofico-politica di questa concezione è che la pace non va perseguita per se stessa, ma solo in vista di determinati benefici, e se si pongono determinate condizioni. [...]

Gli ultimi anni dell'Ottocento furono il periodo in cui si prepararono le rivoluzioni contro un ordine, ingiusto e autoritario, in tutta Europa. Le tensioni erano più evidenti laddove la situazione era peggiore, ed era l'impero russo, quello che aveva le strutture più conservatrici e il più evidente divario sociale. La polizia zarista è uscita con una frode che circola tutt'ora nel mondo come prova di una cospirazione degli ebrei e dei massoni per diffondere il terrore in segreto e controllando la ricchezza e certe
aspetti di economia, cessano il vero potere globale. L'ultimo romanzo di Umberto Eco - Il cimitero di Praga - passa brillantemente attraverso quella diffamazione e il suo modo di presentare argomenti per diventare credibile per le persone prevenute e spaventate che lo leggono. Il risultato della diffusa riproduzione dei Protocolli andò ben oltre il sistema dello Zar, e le rivoluzioni del 1905 e del 1917, così come quelle degli Spartakisti ecc. ha fatto coincidere la paura che il comunismo fosse identificato con gli ebrei. E non era, naturalmente, un ruolo secondario quello che i Protocolli giocavano nell'Olocausto e in tutti i tipi di antigiudaismo in tutto il mondo. Aveva forti sostenitori, come Henry Ford o Joe Kennedy. [...]

Gli eventi causati dal terremoto dell’11 marzo 2011 e dal susseguente tsunami alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Dai-ichi hanno prodotto il più grave incidente nucleare dopo iI disastro di Chernobyl, con enormi implicazioni economiche, sanitarie e sociali in Giappone e ripercussioni a livello mondiale. Il lavoro descrive la centrale, le caratteristiche tecniche e di sicurezza delle sue unità e il loro stato al momento del terremoto. Si segue quindi la storia dei vari impianti a seguito delle ondate di tsunami che hanno causato l’interruzione dei sistemi di raffreddamento, fino a causare la fusione del nocciolo di tre reattori e la dispersione nell’ambiente di sostanze radioattive, il che ha imposto l’evacuazione di circa 100.000 persone dalla zona circostante. Vengono infine tratte delle lezioni a livello internazionale e considerati i possibili scenari futuri. I dati presentati, basati su documenti ufficiali, in particolare i rapporti della commissione internazionale di esperti della IAEA e dai due primi rapporti del governo giapponese, sono aggiornati a fine settembre 2011.

Ci si potrebbe legittimamente chiedere perché un Centro di Studi per la Pace sta promuovendo un evento pubblico dedicato ai temi della senzatetto. Nella nostra prospettiva, la pace non è semplicemente l'assenza di guerra o di conflitti più o meno violenti, ma un processo verso la costruzione della società più giusta. Un processo che crea pace impegnandosi per la giustizia.
Pertanto, la pace non è una situazione statica: è piuttosto un corso dinamico, così che siamo in pace quando costruiamo la pace. E per costruire realmente e durevolmente la pace, dobbiamo stare "per le strade", cioè dove restano anche i senzatetto e coloro che li aiutano.

La recente crisi finanziaria ed economica globale ha certamente evidenziato – a mio avviso e ad avviso di molti altri osservatori – i limiti del paradigma economico che era stato seguito negli ultimi trenta anni circa.
Al fine di disporre di una visione più ampia, tuttavia è necessario ripercorrere brevemente le tappe che hanno condotto alla situazione attuale, a partire quanto meno dalla crisi del 1929, che causò un elevato tasso di disoccupazione in molti paesi, e mostrò che il mercato poteva stabilizzarsi in equilibri insoddisfacenti, di sottoccupazione, dai quali non manifestava nessuna tendenza endogena a spostarsi. Fu la crisi del 1929 che creò le condizioni per la teorizzazione del ruolo dell’intervento pubblico in economia, fornita successivamente da Keynes nella sua Teoria Generale del 1936.

L’educazione civica è strettamente agganciata all’idea di cittadinanza. Formare all’agire civico evoca la partecipazione democratica, la consapevolezza civile, la titolarità dei diritti e dei doveri costituzionali, in primo luogo la libertà, l’uguaglianza, la dignità, la solidarietà. La funzione dell’educazione dovrebbe essere quella di far sviluppare nei bambini e nei giovani la consapevolezza dell’essere cittadini. Essere uomini con il diritto ad avere diritti è il codice soggettivo che ogni alunno dovrebbe portare con sé all’uscita dal percorso formativo scolastico. Un’acquisizione di tipo generativo, cioè suscettibile di canalizzare l’adattamento degli individui alla società civile, alle sue sfide come alle sue opportunità, nel solco di una convivenza ispirata ai valori repubblicani.

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