Call for papers / Federico Oliveri

Libera, Gruppo Abele, Coripe e Avviso Pubblico, quattro soggetti storicamente impegnati nella lotta all’illegalità e alla corruzione, ma anche sui temi dell’accesso alle cure e alle prestazioni socio-sanitarie, hanno realizzato e pubblicato un dossier intitolato “Illuminiamo la salute. Per non cadere nella ragnatela dell’illegalità”. Il rapporto, definito dagli stessi promotori introduttivo, costituisce il primo passo verso un lavoro complesso di ricerca-azione multitarget che vedrà impegnate queste realtà insieme ad altri partner istituzionali e non. Alla presentazione del dossier lo scorso 27 giugno a Roma hanno partecipato in qualità di relatori, oltre ad un centinaio di presenti, alcuni tra i principali esperti dei settori interessati: A. Vannucci, G. Bissoni, T. Petrangolini, S. Cecconi, G. Domenighetti, L. De Fiore, V. Alberti, P. Barbieri, G. Monchiero, A. Tanese, T. Carradori, G. De Filippis, M. Dall’Acqua, V. Solfrini, F. Tosolini, A. Bianco, A. Silvestro, M. Brunetti, R. Russo Valentini, N. Dirindin. [...]

È in arrivo una “sanatoria” in Marocco. Avete letto bene. Non stiamo parlando di un provvedimento di regolarizzazione destinato agli immigrati marocchini in Italia. No, siamo proprio nel paese nordafricano: è qui che il re vuole concedere un permesso di soggiorno agli stranieri irregolari. Il Marocco, cioè, sta diventando – anzi, è già diventato – un paese di immigrazione. Un luogo “di transito e di arrivo” – per usare i termini tecnici – e non più solo “area di partenza” dei flussi migratori. Ma le sorprese non finiscono qui: dati aggiornati dicono che i migranti provengono anche dai paesi europei, e che – ad esempio – molti spagnoli si stanno trasferendo sulle coste del Maghreb per lavorare e mandare a casa un po’ di risparmi. Ora che il re ha deciso di varare una regolarizzazione, vedremo immigrati spagnoli che chiedono un permesso di soggiorno in Marocco: una specie di sogno all’incontrario. Ma a questo punto sarà bene procedere con ordine. [...]

Carolyn M. Stephenson definisce i Peace Studies come “un campo interdisciplinare che abbraccia la ricerca sistematica e l’insegnamento riguardante le cause della guerra e le condizioni della Pace. Focalizza l’attenzione sulle cause che fanno crescere o decrescere la violenza, sulle condizioni associate a questi cambiamenti e sui processi per cui questi cambiamenti accadono”. Questa definizione racchiude, in poche parole, i fondamentali dei Peace Studies, in particolare il loro carattere interdisciplinare, il binomio inscindibile ricerca/didattica e una visione olistica del concetto di pace. [...]

Antistasis è un libro indispensabile per tutti coloro che si impegnano in nuove pratiche di vita (praticanti del commercio equo, gruppi di acquisto solidale, militanti di movimenti di base, firmatari di manifesti per la difesa dei beni comuni etc.) e che sentono il bisogno di inserire i propri gesti quotidiani in una prospettiva politica di più ampio respiro. Quella che segue non è una recensione vera e propria: tali e tanti sono i temi proposti alla riflessione dall’autore, che sarebbe impossibile riassumerli brevemente. Si tratta piuttosto di un invito alla lettura: una lettura non individualista, ma prima fase di un dibattito da sviluppare nei propri gruppi e nel proprio ambiente. [...]

Sarebbe impossibile esaurire in un solo, breve articolo il bilancio di 13 anni di Hugo Chavez, soprattutto nel clima passionale di contrapposizione che è seguito alla sua morte, che ha accompagnato l'elezione del suo ex ministro degli esteri Nicolas Maduro, e che sta proseguendo con la contestazione del risultato elettorale da parte dell'opposizione. Mi limiterò a offrire, dunque, alcuni elementi di riflessione che andranno in ogni caso integrati - e verificati - in futuro, per avere un quadro più completo del processo in corso di trasformazione del Venezuela. l 5 marzo scorso Hugo Chavez è morto e il paese affronta il dopo Chavez in un clima di spaccatura, che del resto è assai precedente e risale almeno alla sua andata al potere, nel 1998. Una vittoria elettorale limpida e netta quella di allora, con l’58% di voti, così come le successive. Ciononostante il neo-presidente dovette subire un golpe nel 2002 e un micidiale paro (sciopero) petrolifero poco dopo. Chi ha visionato il film La revolucion no sera transmitida, girato parte dentro e parte fuori del palazzo presidenziale da due cineasti britannici occasionalmente presenti, non può dubitare né della grande popolarità del presidente, che si è mantenuta fino ad oggi, né della sua complessa e ricca personalità. Alla prima vittoria elettorale ne sono seguite un’altra decina, fra elezioni e referendum, con una unica sconfitta: quella del referendum per una seconda nuova costituzione, svoltosi nel 2007, per modificare quella approvata nel 1999, pochi mesi dopo che Chavez era salito alla presidenza. [...]

Il presidente del Venezuela. Hugo Chavez è morto. La stampa mondiale e Internet sono stati sommersi da valutazioni dei suoi successi, che vanno dalle lodi senza fine alle denunce senza fine, con un certo numero di persone che esprimono un livello un po' più controllato o limitato di lode o di denuncia. L'unica cosa su cui tutti sembrano d'accordo è che Hugo Chavez è stato un leader carismatico.
Che cosa è un leader carismatico? E' qualcuno che ha una personalità molto forte, una visione politica abbastanza chiara, ed è capace di seguirla con grande energia e perseveranza. I leader carismatici attirano grande sostegno, innanzitutto nel proprio paese. Allo stesso tempo, le stesse loro caratteristiche che attirano supporto sono le stesse che mobilitano profonde opposizioni alla loro politica. Tutto questo è stato sicuramente vero nel caso di Chavez. [...]

Quest’anno Tunisi ha accolto il World Social Forum, il grande appuntamento della società civile di ispirazione anti-liberista, che riunisce annualmente migliaia di attivisti, associazioni e movimenti di tutto il mondo impegnati nella lotta per i diritti umani e la salvaguardia dell’ambiente. Il primo forum sociale mondiale si è tenuto nel 2001 a Porto Alegre, in Brasile, in contrapposizione simbolica e politica al World Economic Forum, un appuntamento che ogni anno riunisce a Davos, in Svizzera, i maggiori dirigenti politici ed economici internazionali, nonché i think tank della globalizzazione neoliberista. Inizialmente concepito come uno spazio pubblico e uno strumento per contrastare le politiche economiche dominanti, il Forum sociale mondiale è diventato nel corso degli anni un punto di riferimento per la creazione di alternative concrete al sistema socio-economico attualmente in crisi. I dodici forum che si sono tenuti fino ad oggi in diversi paesi di tre continenti – America Latina, Asia e Africa – hanno mostrato un sempre maggiore interesse della società civile per questioni economiche, sociali e ambientali decisive per il futuro dell’umanità, e una sempre più forte volontà di essere protagonisti del cambiamento necessario a rispondere a ingiustizie, crisi e conflitti. [...]

La comunicazione, come ha chiarito Castells (2006), si è profondamente modificata a seguito dello sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Si è passati da una comunicazione one to many, quella tipica della televisione e della radio, ad una many to many ossia in cui una molteplicità di attori trasmette informazioni ad una sempre più ampia platea di ascoltatori e spettatori (si pensi a youtube, myspace, facebook e altri social media). Tutto questo apre uno spazio interessante di riflessione sulle potenzialità politiche della rete (Quadrelli 2012). Si tratta di capire come siano cambiati, tra l’altro, gli “utenti” dei servizi di comunicazione: non solo perché la popolazione dei paesi avanzati è maggiormente istruita, ma anche perché sono aumentate le competenze di chi si avvicina a queste nuove tecnologie. Bisogna tener conto di un fatto inedito, epocale: le nuove generazioni nascono embedded in una società digitalizzata. Sono i cosiddetti “nativi digitali” (Ferri 2011) e presentano capacità istintive nell’uso e nella comprensione di cellulari, Ipad, computer, tablet, ecc. Gli utenti non sono più solo “soggetti passivi” della comunicazione, semplici spugne di messaggi prodotti da altri (Paccagnella 2002), bensì anche attori: sono pro-attivi nella gestione delle informazioni recepite e nel loro riutilizzo. [...]

Il pensatore occidentale più noto che si oppone all’idea morale della pace è certamente Thomas Hobbes. All’origine dei rapporti tra gli esseri umani ci sarebbe la guerra; e non sarebbe potuto essere diversamente, data una natura umana votata alla competizione per la vita e per risorse scarse. La pace sarebbe una costruzione artificiale, un obiettivo da costruire per essere più sicuri: non avrebbe uno statuto morale indipendente dal fatto di servire agli esseri umani per poter raggiungere altri scopi. La pace, in questa concezione, non si definisce in base a concetti come empatia, reciprocità, bisogno, cura, consapevolezza della propria vulnerabilità. Essa è vista piuttosto come un patto: un contratto da cui a certe condizioni si può recedere. Nessuno è obbligato a osservare un patto se non è sicuro che l’altro farà altrettanto. La conseguenza filosofico-politica di questa concezione è che la pace non va perseguita per se stessa, ma solo in vista di determinati benefici, e se si pongono determinate condizioni. [...]

Gli ultimi anni dell'Ottocento furono il periodo in cui si prepararono le rivoluzioni contro un ordine, ingiusto e autoritario, in tutta Europa. Le tensioni erano più evidenti laddove la situazione era peggiore, ed era l'impero russo, quello che aveva le strutture più conservatrici e il più evidente divario sociale. La polizia zarista è uscita con una frode che circola tutt'ora nel mondo come prova di una cospirazione degli ebrei e dei massoni per diffondere il terrore in segreto e controllando la ricchezza e certe
aspetti di economia, cessano il vero potere globale. L'ultimo romanzo di Umberto Eco - Il cimitero di Praga - passa brillantemente attraverso quella diffamazione e il suo modo di presentare argomenti per diventare credibile per le persone prevenute e spaventate che lo leggono. Il risultato della diffusa riproduzione dei Protocolli andò ben oltre il sistema dello Zar, e le rivoluzioni del 1905 e del 1917, così come quelle degli Spartakisti ecc. ha fatto coincidere la paura che il comunismo fosse identificato con gli ebrei. E non era, naturalmente, un ruolo secondario quello che i Protocolli giocavano nell'Olocausto e in tutti i tipi di antigiudaismo in tutto il mondo. Aveva forti sostenitori, come Henry Ford o Joe Kennedy. [...]

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