Ad aggravare la percezione della gravità degli scontri in corso in Libia fra vari contendenti, di recente sono apparse nella stampa internazionale e nazionale notizie relative all’impiego in azioni belliche o attacchi terroristici di armi chimiche (in particolare iprite) dell’arsenale militare della Libia stessa. Per comprendere quanto queste illazioni possano essere realistiche e per poter stimare la possibilità, pure ventilata da alcune parti, che armi chimiche libiche possano cadere nelle mani di militanti del Daesh (ISIL), può essere utile ricostruire gli eventi principali relativi all’armamento chimico libico e al suo processo di disarmo. La Libia sotto il governo del colonnello Moammar al-Gheddafi produsse e acquisì una significativa quantità di agenti chimici e di sistemi d’arma per il loro impiego, ma, nell’autunno 2003 si impegnò con i governi inglese e americano a interrompere i suoi piani per armi non convenzionali e a eliminare quanto già prodotto. A seguito di tale accordo, nel gennaio 2004 aderì alla Convenzione per la proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento e uso di armi chimiche e per la loro distruzione (CWC), procedendo alle operazioni disarmo sotto il controllo dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW). [...]
Basato sulle testimonianze di sua sorella Marianna attraverso la corrispondenza con la sua amica Ida emerge la figura del poeta Montale apertamente contro la guerra e costretto a partire per il fronte durante la Prima guerra mondiale. Poche sono le poesie che trattano l'esperienza della guerra. Queste poesie non sono né un grido di dolore né una testimonianza ma sentimenti ribelli, nostalgici, come il desiderio di stringere la mano ai vecchi compagni, di vedere noi stessi in un tempo conosciuto, facce sullo sfondo di un cielo blu ghiaccio, scosso dalla campana di Shrapnell (Montale in guerra), o l'evocazione di una veglia silenziosa interrotta solo dal rumore di un fiume (Valmorbia). Nella guerra Montale non vede il lato eroico ed eccitante ma guarda a questo con distacco ironico e disincantato che è solito nella sua poesia.
A poco più di cento anni dall'inizio della Prima guerra mondiale, una delle domande che viene in mente per spiegare le ragioni profonde, le dinamiche, gli esiti e il senso di quegli eventi, è perché i due principali attori politici popolari del tempo, ovvero il movimento socialista da una parte e il movimento cristiano-cattolico dall'altro, siano caduti in quel terribile conflitto, all'interno del quale forse per la prima volta nella storia umana è mancato ogni limite e ogni controllo sull'uso della forza armata. Riflettendo su questo punto, ritengo si possano ricavare alcune lezioni sul tipo di organizzazione e di sviluppo politico che dovrebbero essere promossi per evitare nuove guerre: promuovere con decisione una politica auto-gestionaria e un modello di sviluppo non più guidato da scienza e tecnologia concepiti come un blocco unitario e monolitico, senza alternative interne e senza significative interazioni con gli altri campi del sapere umano. [...]
È del primo gennaio di quest'anno la notizia che riportava l'inizio dei processi italiani all'Operazione Condor, l'accordo di intelligence tra gli stati del Cono Sur dell'America Latina – composto da Brasile, Bolivia, Perù, Uruguay, Paraguay, Cile e Argentina – messo in atto negli anni Settanta, con la collaborazione della CIA. L'obiettivo era l'eliminazione sistematica delle persone ritenute “sovversive” dai regimi militari instauratisi dopo i vari colpi di stato. Anche l'Italia, dopo quasi quaranta anni, proverà a dare giustizia alle decine di uomini e donne di origine italiana precipitati nell'abisso dei sequestri e delle sparizioni. Nel nostro paese il tema dell'Operazione Condor risolta tutt'ora piuttosto sconosciuto. Tale carenza acquisisce maggiore importanza se si considera che uno dei delitti eccellenti di tale operazione criminale, la cui vittima fu il democristiano cileno Bernardo Leighton, ebbe luogo a Roma. L'attentato, avvenuto nel 1976 per mano di neofascisti italiani appartenenti alle schiere di Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo, rientra nell'arco temporale durante il quale si sviluppò la “strategia della tensione”, la quale si protrarrà fino all'inizio degli anni Ottanta. [...]
The IRA: The Irish Republican Army è un libro interessante, tenta un'analisi sociologica oltre che storica e politica del gruppo terrorista che probabilmente ha guidato il mondo nel terrorismo moderno. Ciò, naturalmente, può causare alcune polemiche proprio perché tenta di analizzare piuttosto che fornire un resoconto narrativo dell'IRA. Come tale suggerisce uno stile leggermente più antico di quello che i postmodernisti o accademici politicamente corretti apprezzerebbero e certamente lo colloca nel campo "revisionista" degli studi irlandesi che cerca di analizzare criticamente il movimento applicando un metodo scientifico, in alternativa agli anti-revisionisti che si oppongono agli studi irlandesi "scientifici" e cercano di mantenere la tradizionale narrativa nazionalista (Brady 1995; Boyce & O'Day 1996). [...]
Il vibrante appello contro la guerra di Jean Jaurès costituisce non solo l'eredità politica che il padre della Section Française de l'International Ouvrière lascia ai socialisti, ma anche un fremente messaggio rotto dal precipitare degli eventi. “L'Armèe Nouvelle”, la vigorosa opposizione della SFIO alla “loi de trois ans”, la riflessione sulle guerre balcaniche, sulla diplomazia, sull'imperialismo colonialista, sull'Internazionale: il ruolo del deputato di Tarn unisce nell'analisi delle vicende storiche la democrazia francese al pensiero al movimento socialista. A un secolo dallo scoppio della Grande Guerra e dall'omicidio del fondatore della SFIO, la Fondation Jean Jaurès ha raccolto riflessioni che consentono una disamina ampia del suo pensiero. Liberté ed égalité poggiano sul patriottismo repubblicano della défense nationale o su un più laborioso ordine internazionale improntato al disarmo? Il saggio intende far luce sugli elementi della democrazia repubblicana francese rievocati dalle riflessioni di Jaurès, individuando i fatti storici prodotti dalla mobilitazione del padre della SFIO. La rappresentazione fornita da Jaurès circa le dinamiche dei conflitti, infine, comprende suggestioni funzionali alla politica estera del nostro tempo o va chiusa in toto nel contesto della crisi che prepara la Guerra Mondiale?
Il commosso ricordo che si rinnova di anno in anno della distruzione atomica di Hiroshima e della strage dei suoi abitanti segna in realtà il fallimento della comunità internazionale a risolvere il problema delle armi nucleari; in 70 anni non si è riusciti non solo a eliminarle, ma neppure a definire una convenzione internazionale che ne proibisca l’uso e tanto meno a bloccarne lo sviluppo e la proliferazione. Dal 1945 in poi hanno via via creato arsenali nucleari Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan, Sud Africa e Corea del Nord e solo il Sud Africa è ritornato sui suoi passi. E la diversificazione delle armi nucleari e il loro numero sono cresciuti fino a raggiungere quasi 70 000 armi nei primi anni 80, un numero mostruoso e assolutamente privo alcun senso politico e militare. [...]
L'articolo analizza i costi umani e le sofferenze causate da conflitti armati e violenze e loro conseguenze sul diritto alla vita. Le Nazioni Unite sono state create per salvare le generazioni future dal flagello della guerra. In particolare, in un contesto di conflitto l'arbitraria privazione della vita, le uccisioni di massa e i genocidi sono pratica comune. Per questo si studierà il collegamento tra il Consiglio di Sicurezza e il Consiglio per i Diritti Umani intorno alla nozione di vita come diritto fondamentale e alla protezione di tale diritto nella pratica internazionale. Inoltre si analizzerà il nesso tra pace, giustizia e vita. In particolare verrà studiata la responsabilità per genocidi, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e altri crimini gravi tenendo in considerazione la forte opposizione ad ammettere l'impunità. In conclusione sarà analizzata la prevenzione di conflitti armati attraverso la promozione e la protezione di tutti i diritti umani per tutti, con particolar attenzione al diritto alla vita, sia nel Consiglio di Sicurezza che nel Consiglio per i Diritti Umani.
Tzvetan Todorov dedica il suo straordinario La Conquête de l’Amérique. La question de l’autre alla memoria di una donna maya massacrata dai cani, per aver rifiutato di diventare schiava e oggetto di un conquistador spagnolo del XVI secolo. Una donna senza nome, senza volto, senza individualità. Completamente spersonalizzata, come una figura di carta, senza consistenza, senza passato, senza futuro. Diego de Landa, nella sua Relazione sullo Yucatán, regione della quale era stato nominato vescovo, non ritiene importante riportarne l’identità, mentre documenta bene il nome del capitano che l’aveva fatta prigioniera. Eppure la questione del nome non è affatto banale, dal momento che esso è legato profondamente all’identità e condensa in sé tradizione, storia e cultura. In una lettera all’imperatore Carlo V, Pascual de Andagoya testimonia il trauma identitario degli indios, che, una volta battezzati e ricevuto il loro nuovo nome cristiano, non vogliono più essere chiamati con quello precedente. Spesso, però, non ricordano il nome che è stato loro imposto e devono quindi farselo dire dagli stessi conquistadores. [...]
La ricerca dell’umanità che scaturisce dall’orrore della Grande guerra e la prospettiva storica della disfatta di Caporetto emergono con forza dalla testimonianza di un combattente, Mario Puccini, autore di Caporetto. Note sulla ritirata di un fante della III Armata, uscito a cura di Francesco De Nicola, per la Editore Goriziana nel 1987. Le vicende di vita e di morte sul fronte italiano nel 1917, durante la disfatta italiana per mano delle forze austro-ungariche e tedesche, sono rappresentate in questo romanzo poco noto attraverso la storia esemplare di un giovane scrittore (considerato uno dei maggiori rappresentanti letterari del primo Novecento e autore del celebre Il soldato Cola). Gradualmente, a contatto con la vita di trincea e con la morte di migliaia di soldati, la prospettiva critica dell’“inutile strage” e del desiderio di pace si fanno strada nelle pagine di Mario Puccini, tanto da farne un documento interessante per comprendere come l'esperienza della Grande Guerra abbia reso meno eroico e inevitabile il ricorso alle armi per il 'progresso' storico e la risoluzione dei conflitti.