Call for papers / Federico Oliveri

“Malgrado gli auspici dell'Amministrazione di Obama e della maggior parte degli americani – inclusi molti ebrei americani – Israele non consentirà ai palestinesi un loro stato in Cisgiordania e a Gaza che sia sostenibile. Per quanto possa dispiacere, la soluzione dei due stati è ormai fantasia. Invece i territori occupati saranno incorporati in una “Grande Israele” che sarà uno stato di apartheid con un grande somiglianza con il Sudafrica governato dai bianchi. Tuttavia, uno stato ebraico con un regime di apartheid non è sostenibile nel lungo periodo. Alla fine, diventerà uno stato democratico bi-nazionale, la cui politica sarà dominata dai suoi cittadini palestinesi. In altre parole, cesserà di essere uno stato ebraico, e questo significa la fine del sogno sionista”.
È ciò che il 29 aprile scorso, in una conferenza dal titolo “Il futuro della Palestina: gli ebrei giusti contro i nuovi afrikaners”, ha sostenuto John J. Mearsheimer, professore alla Chicago University, teorico di politica internazionale di impostazione realista e studioso di grande prestigio, sia nel mondo accademico americano che in quello internazionale. Mearsheimer non fa una scelta politica. È anche lui convinto, come molti, che la soluzione dei due stati sia la migliore. La sua è una constatazione, la presa d'atto di quella che è la situazione sul terreno, che piaccia o no. [...]

Giovedì 8 Aprile 2010 i presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev hanno firmato il nuovo trattato sulla riduzione delle armi nucleari strategiche, il cosiddetto New START. Due giorni prima, il 6 Aprile, veniva resa pubblica la Nuclear Posture Review (NPR), un documento integrato nella Quadrennial Defence Review (QDR), che definisce la politica nucleare e la strategia globale degli Stati Uniti per gli anni a venire e che può essere considerato un importante addendum al nuovo trattato.
La discussione attualmente in atto nella comunità degli studiosi di problemi di disarmo e controllo degli armamenti è decisamente ricca di pareri, anche assai contrastanti. Personalmente sono convinto che l’NPR 2010 apra alcuni significativi spiragli di speranza e proverò a spiegare brevemente il perché. [...]

Lo scorso 8 aprile, nella sala spagnola del castello di Praga, i presidenti russo e americano, Dmitry Medvedev e Barack Obama, hanno solennemente firmato il nuovo trattato Treaty between the United States of America and the Russian Federation on measures for further reduction and limitation of strategic offensive arms, comunemente chiamato New START. Il nuovo accordo ha per oggetto la riduzione delle armi nucleari offensive dei due paesi, come concordato dai due presidenti nel loro incontro di Londra, il primo aprile dello scorso anno. Entrambi hanno seguito con attenzione il negoziato che ha condotto al New START, anche con numerosi contatti telefonici. [...]

L’equazione “crescita economica uguale progresso” che ci accompagna ormai dal secondo dopoguerra non è stata scalfita neanche dalla crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando. Così, nel corso dell’ultima riunione, i ministri economici dei paesi dell’OCSE hanno ribadito come tutte le manovre di finanza pubblica e di consolidamento fiscale di medio termine dovranno essere attuate in modo da non mettere a rischio la crescita economica. La riduzione dei tassi di crescita nelle economie più ricche continua ad essere vista come una sciagura dalla quale uscire nel più breve tempo possibile. Vi sono due assunti fondamentali alla base di questa convinzione. Il primo è che la crescita fa funzionare bene il sistema economico, agendo come un “lubrificante” che evita intoppi e tensioni sociali. Il secondo è che la crescita economica porta con sé un continuo aumento del benessere. [...]

Il clima cambia (e non solo quello atmosferico)
È certamente tempo di cambiamenti del clima, di quello atmosferico come di quello politico mondiale. Lo conferma la Conferenza Mondiale dei Popoli sui Cambiamenti Climatici e Diritti della Madre Terra, svoltasi a Cochabamba in Bolivia, dal 19 al 22 aprile scorso. Convocata dal presidente Evo Morales in risposta al deludente vertice di Copenaghen, la conferenza di Cochabamba costituisce una tappa verso il nuovo vertice Onu sul clima, programmato per il prossimo dicembre in Messico, a Cancun: la città più artificiale che si possa immaginare, programmata al computer fin dalla scelta del luogo ove farla sorgere, che conta il minor numero annuo di giorni di pioggia per poter accogliere il maggior numero possibile di turisti statunitensi. Un luogo artificiale, ideale per vertici surreali, diversamente da Cochabamba che nel 2000 è stata teatro della famosa “guerra dell’acqua”.
L’iniziativa politica e diplomatica planetaria sta ormai sfuggendo al controllo dei paesi più industrializzati e inquinanti: è un segno di mutamento e di speranza, anche se non basta questo a risolvere tutto. Ma torniamo al clima atmosferico, e tentiamo di fare un primo bilancio della Conferenza dei Popoli, iniziando dalle presenze. [...]

Molti esperti del settore, alcuni dei quali non certo disinteressati, dicono che per l'Iran raggiungere la bomba atomica non è un problema: è solo una questione di tempo. Gli ottimisti parlano di oltre dieci anni, i pessimisti di otto o addirittura molto meno. Il tema è di quelli che catalizzano l’attenzione mediatica, e non solo: le recenti sanzioni votate alle Nazioni Unite, al di là della loro efficacia dissuasiva, ne sono un chiaro segnale. Molti dimenticano però che la Repubblica Islamica detiene anche tecnologie militari di tipo strategico che vanno ben oltre il livello base, tecnologie che sono il risultato di decenni di investimenti nella ricerca militare promossi dal governo di Teheran in risposta all'isolamento e all'embargo successivi alla rivoluzione del 1979.
Negli ultimi vent'anni l'Iran è stato in grado di raggiungere una buona autosufficienza in molti settori armieri. Lo ha fatto attingendo alle tecnologie che via via è riuscito ad acquistare, ma soprattutto tramite un imponente programma nazionale di reverse engineering, ossia di ricostruzione dei progetti a partire dalla copia dal prodotto finito, partito proprio dalla necessità di rimettere in funzione le armi acquistate in Occidente ai tempi dello Shah. [...]

L’Italia, l’Europa, il mondo intero sono nel pieno di una crisi inedita e drammatica, cui si stenta a trovare una soluzione duratura, nonostante i regolari inviti all’ottimismo di chi annuncia la ripresa della “crescita”, sia pure senza occupazione. Una crisi molteplice, al tempo stesso economica, finanziaria, sociale, ambientale, climatica. Ma, soprattutto, una crisi (della) politica, che tocca aspetti strutturali del nostro modo di vivere e lavorare, produrre e consumare, e che solleva dubbi radicali sulla sostenibilità a medio e lungo periodo dell’attuale modello sociale. Una crisi che scuote profondamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni rappresentative e nella democrazia, così come nel sistema economico dominante, mettendone a nudo i fallimenti e denunciandone gli inganni. Una crisi di sistema a tutti gli effetti, complicata dalla scala globale dei problemi e dall’interdipendenza che lega ormai, seppure in modo asimmetrico, le diverse regioni del pianeta. Ma, soprattutto, una crisi largamente annunciata e prevedibile, che ha dei responsabili ben precisi: i governi, le imprese e i circoli mediatico-accademici che, da trent’anni a questa parte, hanno avallato politiche insostenibili in nome della competizione e del “merito”, della de-regolamentazione e della “liberazione dell’impresa” dai suoi vincoli costituzionali. [...]

Leggi nazionali sospese, norme internazionali ignorate, sfruttamento e violazioni dei diritti umani, riflessioni e speranze per pensare e costruire un mondo più umano, insieme. Con Madre terra, fratello clandestino Andrea Onori ricostruisce il mondo degli esseri umani “irregolari”. Attraverso racconti, interviste e ricerche sul campo restituisce il loro disagio, le loro paure, la loro profonda umanità, la loro voglia di avere “quel maledetto documento”. [...]

Tutto è possibile dopo quanto è avvenuto. Io vi sarò solo quel tanto che basta per esprimere la mia vergogna di sopravvissuto nell'esserne stato escluso; e in terza persona, come la voce cui spetta solo il compito di indicare l'altrui mietitura. Che la Parola mi faccia la grazia di qualche armonico alle mie incrinate parole a memoria dei morti. Per i meriti di tanto sangue gratuitamente versato (p. 213). [...]

La raccolta di André Orléan, Dall’euforia al panico. Pensare la crisi ed altri saggi, preceduta da un’intrigante prefazione dei due curatori italiani, Andrea Fumagalli e Stefano Lucarelli, è un’opera pregevole per fattura e per l’importanza dell’argomento affrontato. Sul piano formale, si giova di un lavoro di traduzione assai accurato, merito anche del contributo prezioso di Hervé Baron, che rende scorrevole la lettura e sufficientemente chiaro il significato della trattazione anche al lettore colto ma non specialista. Il testo, suddiviso in quattro paragrafi che ripercorrono la genealogia della crisi dei subprime (L’euforia, L’accecamento, La cartolarizzazione, La crisi), è arricchito da alcune interessanti appendici teoriche (a beneficio soprattutto di studenti universitari e accademici) e da un dizionario lessicale che aiuta il lettore a districarsi nella selva di acronimi, anglicismi e neologismi che compongono la moderna koinè del mondo della finanza. [...]

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