Call for papers / Federico Oliveri

La sentenza del tribunale dell’Aquila che, il 22 ottobre 2012, ha condannato, seppure in I grado, gli esponenti della Commissione Grandi Rischi (CGR) ha suscitato un vespaio di polemiche ma, soprattutto, ha acceso una discussione sulla quale esistono molte lacune, se non mistificazioni sulle quali sarebbe opportuno riflettere, in particolare prima di formulare giudizi che altrimenti risulteranno approssimativi o incongrui. La prima osservazione sulla quale riflettere è che costoro, i membri della CGR, non sono stati affatto condannati per non aver saputo prevedere il forte terremoto del 6 aprile 2009 che ha distrutto l’Aquila. L’asserzione che i terremoti, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, non siano prevedibili è assolutamente vera. Ma proprio perché non sono prevedibili non è possibile prevedere che non ci saranno! I membri della CGR hanno fatto proprio questo: hanno previsto che non ci sarebbe stato un forte terremoto, quindi l’assenza di un pericolo grave, rassicurando incautamente la popolazione. [...]

Fare previsioni a breve termine (il prossimo anno o due) è un gioco da pazzi. Ci sono troppi colpi di scena imprevedibili nel mondo politico / economico / culturale reale. Ma possiamo tentare di fare affermazioni plausibili per il medio periodo (un decennio o più) basato su un quadro teorico praticabile combinato con una solida analisi empirica delle tendenze e dei vincoli. [...]

Questo contributo esplora la relazione tra ricerca e azione nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, a partire dal testo di recente pubblicazione “Con i piedi per terra” di R. Capocchini e F. Perotti. Le organizzazioni contadine del Sud del mondo costituiscono un caso particolarmente interessante: vi si intrecciano problematiche di analisi sociale ed organizzativa con questioni legate al funzionamento ed al ruolo dei sistemi di cooperazione. Si tratta, in primo luogo, di riflettere sul modo in cui vengono descritte le organizzazioni dei produttori agricoli del Sud del mondo, e di affrontare poi le questioni sollevate dell’interazione degli attori della cooperazione con tali organizzazioni. Su questa base è possibile sviluppare una riflessione più ampia sulla relazione tra ricerca teorica e pratica applicativa. Questa relazione viene spesso descritta in termini lineari - la ‘buona teoria’ che informa la ‘buona pratica’, la quale restituisce a sua volta un riscontro. Si tratta di una rappresentazione approssimativa, fondata sull’ipotesi di una chiara separazione tra il campo della teoria e quello dell’intervento. Tale rappresentazione va, in gran parte, modificata: in molti casi, infatti, non riesce a spiegare in modo convincente i nessi tra i fenomeni che si presentano all’osservazione.

La recente ricerca di Elvira Corona, dedicata all'esperienza delle fabbriche recuperate per mano degli operai nella fase più acuta della crisi economica che ha colpito l'Argentina fra il 2000 e il 2001, porta all’attenzione questioni politiche oggi più che mai attuali in Italia e in Europa. Di fronte alle politiche di austerity imposte dalla Troika euro-internazionale costituita dalla Banca Centrale Europea, dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, così come di fronte all’attacco ai diritti dei lavoratori portato avanti con politiche classiste e antisindacali da manager “moderni” come Sergio Marchionne o da ministri “tecnici” come Elsa Fornero, la lezione che viene dell’Argentina può essere estremamente istruttiva. Proprio l’esperienza della spirale crisi-austerità in cui si è avvolto quel paese all’inizio del nuovo millennio ci dice che il film che ora viene proiettato, sul presente e sul futuro dell’Europa, è un film già visto: un film che parla della “lotta di classe” condotta dai los de arriba (quelli che stanno in alto) contro i los de abajo (quelli che stanno in basso). Che questa specifica declinazione della lotta di classe sia al centro delle dinamiche contemporanee lo ha suggerito, recentemente e autorevolmente, anche Luciano Gallino (2012). [...]

Riprendiamo integralmente il testo della lettera aperta scritta a Kofi Annan, inviato speciale delle Nazioni unite e della Lega araba per la crisi siriana, da Paolo Dall'Oglio, gesuita e fondatore della Comunità monastica di Deir Mar Musa. Il gesuita intende consegnare personalmente all'ex Segretario generale dell'Onu la lettera durante la sua visita in Siria. [...]

Gli ultimi mesi del 2011 e l’inizio del 2012 sono stati caratterizzati da un crescente livello della polemica internazionale sul programma nucleare iraniano, e sempre più spesso si parla della possibilità di un intervento militare contro quelle installazioni nucleari da parte principalmente di Israele. È essenziale invece che i responsabili della diplomazia non si facciano intrappolare nel dilemma fra l’accettazione impotente di un Iran come nuova potenza nucleare, e l’eliminazione con un intervento militare di un programma nucleare dichiaratamente civile. Per evitare un’altra guerra è quindi importante sostenere una posizione che da un lato abbassi i toni della polemica, e dall’altro esamini le possibili soluzioni all'impasse diplomatica. [...]

Per quanto notevolmente inferiore a ciò che riceve Israele (che, includendo tutto, arriva a circa 6 miliardi di dollari l'anno), la quantità di aiuti che arriva alla Palestina annualmente è particolarmente rilevante. Gli aiuti economici negli ultimi anni hanno superato globalmente il miliardo di dollari annui, ma malgrado ciò le condizioni di vita dei palestinesi, dagli accordi di Oslo a oggi, sono andate peggiorando. Nel 2009 e 2010 il numero di palestinesi in condizioni di povertà oscillava fra il 26% e il 50%, a seconda dell'indicatore di povertà usato. Secondo il Programma Alimentare Mondiale, nel 2011 circa la metà delle famiglie palestinesi ha avuto problemi di sicurezza alimentare. La disoccupazione dal 2009 si mantiene intorno al 30%, con valori del 43% fra i giovani sotto i 30 anni (valori medi fra Cisgiordania e Gaza). [...]

Quando, nell’autunno 1989, nella Biblioteca Comunale di Capraia e Limite cominciammo a tenere un corso di italiano per lavoratori immigrati, non sospettavamo neanche lontanamente la forzatura di significati che si sarebbe scaricata due decenni dopo su tale accostamento alla lingua italiana da parte dei nostri nuovi vicini di casa.
Erano stati loro a chiederlo, per muoversi meglio nella realtà che da pochi mesi avevano cominciato a esplorare. Tra le prime “offerte formative”, ci fu l’incontro con sindacalisti, amministratori e realtà associative, perché avessero parametri più ricchi grazie a cui muoversi nella società “di accoglienza”. Erano le semplici linee su cui si muovevano altre iniziative del genere, condotte da piccole associazioni con cui ci incontravamo per scambiarci indicazioni, esperienze, strumenti di lavoro. Un’effervescenza della società civile, oggi non più immaginabile. [...]

Scriveva Sun Tzu nel V secolo a.C. nel suo manuale di strategia, L’arte della guerra, che “la guerra si fonda sull’inganno”. All’inganno bellico cedono anche gli intellettuali quando sostengono che i conflitti armati siano il motore per la scienza e la tecnologia verso nuove scoperte e invenzioni. Va contro questa tesi lo storico inglese John Gittings che, nel suo ultimo saggio The Glorious Art of Peace. From the Iliad to Iraq (La gloriosa arte della pace. Dall’Iliade all’Iraq), afferma che è stata la pace a promuovere il maggior numero di scoperte e invenzioni, spesso più importanti di quelle messe a punto a fini bellici. La “teoria del palo” contro la “teoria del carro”. Il carro è quello da guerra degli Ittiti, che ha trasformato l’età del bronzo come e quanto il nucleare militare ha dominato la nostra epoca. Il palo è quello che, imperniato con un contrappeso, una fune e un secchio, è stato inventato in Mesopotamia più o meno nello stesso periodo del carro da guerra: fondamentale per l'estrazione dell’acqua dai pozzi, per l’irrigazione dei campi e lo sviluppo delle coltivazioni, ha permesso lo sviluppo delle civiltà.

A trent’anni di distanza dalla storica mobilitazione di Comiso contro gli euro-missili nucleari, il popolo della pace è tornato in Sicilia. Ha deciso di darsi appuntamento il 25 luglio scorso a Catania per lanciare una campagna estiva e autunnale di mobilitazione. Una serie di intellettuali, docenti universitari, militanti politici e sindacali, insegnati, rappresentanti del volontariato e del mondo dell’antimafia hanno dato voce a forti timori per l’escalation dei processi di militarizzazione in atto in Sicilia, trasformata da una parte in una immensa portaerei avanzata per le operazioni di guerra dall’Oceano Atlantico al Golfo Persico, dall’altra nell’ultima frontiera armata per bloccare i flussi migratori provenienti dalla sponda meridionale del Mediterraneo.

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