L’incidente nucleare di Fukushima è un fatto indiscutibile, di una drammaticità sconvolgente, nel quadro spaventoso del disastro che le forze della natura hanno scatenato intorno alla centrale e che ha provocato ed aggravato l’evoluzione incidentale. Quanto successo irrompe nell’eterno dibattito sul nucleare: gli effetti sulla popolazione non sono stati irrilevanti come a Three Mile Island (USA) nel 1979, i reattori non sono stati costruiti e gestiti fuori dai criteri di sicurezza occidentali come a Chernobyl (URSS) nel 1986. Stiamo parlando della migliore tecnologia nucleare, sia pure datata anni ‘70, adottata da uno dei Paesi meglio organizzati al mondo. [...]
In via preliminare ad una più ampia discussione sul nucleare, ritengo utile affrontare innanzitutto il problema dell’Italia, che costituisce da tutti i punti di vista un caso peculiare nello scenario internazionale. Occorre in primo luogo sfatare un luogo comune secondo cui il nostro paese non è in grado di coprire il proprio fabbisogno di elettricità, tant’è vero – si ricorda spesso – che deve importarla dalla Francia, che la produce a costi minori proprio grazie al nucleare. L’Italia invece ha una potenza installata (circa 100.000 MW) quasi doppia della domanda (quella massima circa 55.000 MW, sensibilmente diminuita negli ultimi anni): la sovrapotenza di gran lunga più alta di tutti i paesi europei. Malgrado questo, negli ultimi 10 anni sono stati installati ben 22.000 MW di nuova potenza elettrica, equivalenti a 12 reattori nucleari EPR (European Pressurized Reactor) ovvero a 22 reattori AP-1000 (Advanced Passive Reactor 1000MWe). Eppure le nostre bollette non sono calate. L’utente francese paga meno di noi l’elettricità in bolletta (così come gli austriaci, che non hanno il nucleare), ma in realtà alla fine la paga più cara, perché i costi del nucleare civile (personale, impianti, materiali, amministrazione, ciclo del combustibile) sono scaricati nel militare, a sua volta finanziato dai contribuenti. [...]
Lo scorso venerdì, come da circa due mesi e mezzo a questa parte, il popolo siriano ha nuovamente dato prova di immenso coraggio, scendendo in piazza a sfidare la repressione brutale dell’esercito e dell’apparato di sicurezza governativo. I morti sono stati fino ad oggi più di mille e le persone incarcerate più di diecimila. Tolta la guerra civile che sta martoriando la Libia, si tratta della rivolta araba di questo rivoluzionario 2011 con il più alto numero di morti e feriti. Le cifre esatte, così come i dettagli sulla situazione dei detenuti, purtroppo mancano e le notizie sono frammentarie, dal momento che i giornalisti stranieri sono stati banditi, quelli siriani che provavano a dare un’informazione indipendente sono stati arrestati o messi a tacere, i social network come facebook - il cui utilizzo era stato consentito dalle autorità soltanto ai primi di febbraio - sono costantemente controllati, e i rapporti delle organizzazioni e associazioni dei diritti umani siriane escono con estrema difficoltà dal paese. [...]
Cortei, sit-in, presidi permanenti, assemblee popolari, interrogazioni regionali e parlamentari, petizioni popolari, esposti e ricorsi al Tar. Cresce la protesta di cittadini e associazioni ambientaliste contro l’installazione in alcune riserve naturali di Puglia, Sardegna e Sicilia dei famigerati radar anti- migranti EL/M-2226 ACSR prodotti dall’azienda israeliana Elta System. I potenti sensori sono stati acquistati dalla Guardia di Finanza grazie alle risorse del Fondo europeo per le frontiere esterne, programma quadro 2007-08 contro i flussi migratori, e costituiranno l’ossatura della nuova Rete di sensori radar di profondità per la sorveglianza costiera che sarà integrata al sistema di comando, controllo, comunicazioni, computer ed informazioni della forza armata per individuare e respingere le imbarcazioni di migranti di piccole dimensioni. Un affare di varie decine di milioni di euro per il complesso militare industriale israeliano e per la società romana Almaviva (già Finsiel), scelta d’imperio dal Comando della Gdf per approntare i siti e posare i tralicci radar. [...]
Oggi, di Quirra e dei tumori della gente che ci abita, ne parlano tutti. Il caso del poligono interforze che imbriglia ed inquina una grande fetta di Sardegna, e uno spazio sterminato di mare, è diventato finalmente una notizia da prima pagina. Almeno tre fattori determinanti hanno consentito che la consapevolezza del problema militare assumesse una portata collettiva, fino a suscitare un’inchiesta da parte della Procura della Repubblica. Il primo è costituito dalla nuova lotta antimilitarista in Sardegna, capace di riaprire un dibattito pubblico sulla presenza bellica nell’isola, di ricostruire un movimento e di attivare una circolazione delle informazioni dal basso come forse mai accaduto prima. Il secondo fattore è il coraggio di un medico, Antonio Pili, dal 1997 al 2002 sindaco di Villaputzu paese confinante con la base. Terzo tassello decisivo è la testimonianza dei familiari delle vittime del poligono, baluardo contro le mistificazioni e la rassegnazione. [...]
Dal 1973 è una delle stazioni aeronavali chiave per gli interventi militari USA in Europa orientale, Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico ed una delle infrastrutture estere che ha assorbito i maggiori investimenti da parte del Pentagono (poco meno di un miliardo di dollari negli ultimi 15 anni). Si tratta di Sigonella, la grande base dell’US Navy che sorge nella piana di Catania, oggi trampolino di lancio degli attacchi della coalizione internazionale a guida NATO contro le forze armate libiche fedeli a Gheddafi. Congiuntamente ad un’altra base siciliana (Trapani-Birgi), Sigonella sta funzionando da vero e proprio hub per la movimentazione di uomini, mezzi e sistemi d’arma destinati allo scacchiere di guerra libico. Operano in particolare dalla stazione aeronavale gli aerei senza pilota UAV MQ-1 Predator che il Pentagono sta utilizzando per bombardare caserme, aeroporti, postazioni radar e centri di telecomunicazione. Secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra, nella base siciliana sono stati schierati due squadroni dell’US Air Force con velivoli Predator. Realizzati dalla General Atomics Aeronautical Systems Inc., i velivoli misurano 8,22 metri di lunghezza, raggiungono medie altitudini (sino a 9.000 metri sul livello del mare) e hanno un’autonomia di volo di 40 ore. I sensori ottici e i sistemi di video- sorveglianza possono individuare e fotografare qualsiasi target anche in condizioni di intensa nuvolosità. Ma più che aerei spia, i Predator sono un’arma letale in grado d’intercettare ed eliminare gli obiettivi con estrema precisione grazie ai missili aria-terra a guida laser AGM-114 Helfire di cui sono armati. [...]
Il volume pubblicato nella collana Materiali di pace curata dall’Archivio Disarmo, Istituto di Ricerche Internazionali fondato nel 1982 e riconosciuto dall’ONU e dal Ministero degli Affari Esteri, contiene un agile ma rigoroso approfondimento della questione nucleare. L’approfondimento si snoda attraverso tre capitoli: Il dilemma nucleare (di Maurizio Simoncelli, che è anche curatore del volume); Il pericolo nucleare (di Rosa Massimo); L’arma nucleare del Medio Oriente (di Francesca Dottarelli). [...]
Innanzitutto è opportuno cominciare dalle definizioni: mediazione e conciliazione sono la stessa cosa, o significano cose differenti? In effetti la sostanza non cambia. In entrambi i casi, si tratta di un tentativo di trovare una composizione amichevole di una controversia con l'assistenza di un terzo neutrale ed imparziale: il mediatore o conciliatore. Ma finora il legislatore italiano si era sempre pronunciato in termini di conciliazione, sia nelle fattispecie giudiziali (giudici togati e di pace, in sede contenziosa e non), che in quelle stragiudiziali (conciliazione agraria, del lavoro, presso le Camere di Commercio, i Comitati Regionali per le Comunicazioni, ecc.). [...]
Due fatti di politica estera sono arrivati alle prime pagine dei nostri giornali in questo inizio di anno, ed entrambi riguardano il Medio Oriente. Il primo riguarda la diffusione da parte di Al Jazeera dei cosiddetti Palestinian Papers, contenenti oltre 1600 registrazioni di incontri fra negoziatori israeliani e palestinesi, con il coinvolgimento dei mediatori USA. Il secondo riguarda la sollevazione di massa contro governi autoritari e corrotti che, iniziata in Tunisia, è arrivata in Egitto, per propagarsi poi all’Algeria, alla Libia, al Bahrein, allo Yemen. [...]
La nostra cultura dei rifiuti è un indice dello scarso impiego sociale della chimica, e dimostra come discipline diversissime, quali l’architettura, l’urbanistica e l’economia, procedano per strade poco interessate alla salvaguardia del bene ambientale. Dobbiamo partire da conoscenze generali, organizzarle in discorso teorico e poi nella prassi conseguente. Nella nostra civiltà neppure dovremmo pensare ai rifiuti. Proprio la chimica, con i suoi limiti, dovrebbe ricordarci le leggi di conservazione di materia ed energia: “nulla si crea e nulla si distrugge, ogni corpo si può solo trasformare”. La produzione di un bene per finalità di commercio e consumo, con annessi imballaggi che consumano risorse naturali e creano pesanti rifiuti da smaltire, è un problema industriale che andrebbe considerato e affrontato all’origine. [...]