Migrazioni ed emergenze umanitarie

Abstract

Invasioni mancate

Nel 1968 la Comunità Europea, allora composta da sei paesi, introdusse la libera circolazione dei lavoratori nello spazio comunitario. Il provvedimento scatenò il timore di un'invasione di emigranti italiani: in fin dei conti – si sosteneva – gli italiani sono poveri, ed è naturale che l'apertura delle frontiere li spingerà a cercare fortuna all'estero. I fatti si incaricarono di smentire quelle paure: nei primi anni '70, i flussi di italiani nei paesi europei si attestarono su valori molto inferiori a quelli del decennio precedente, fino a scomparire quasi del tutto.
Nel 1989, con la caduta dei regimi dell'ex blocco sovietico, le cancellerie europee si prepararono a grandi esodi di migranti: i differenziali di reddito tra i paesi orientali e occidentali, nonché i conflitti nelle società in transizione, lasciavano intravedere “maree umane” in arrivo. Anche in quel caso, la realtà fu però assai diversa. Vi fu effettivamente un incremento consistente delle migrazioni dall'Est (tra il 1990 e il 1994 i paesi a economia di mercato registrarono un milione di arrivi annui), ma i numeri furono molto più contenuti del previsto. Inoltre, a partire dal 1994 i flussi migratori di ingresso in molti paesi orientali cominciarono a prevalere su quelli di uscita.
Nel 1997, la cosiddetta “crisi delle piramidi finanziarie” innescò in Albania una vera e propria guerra civile: sulle coste della Puglia, nell'arco di pochi mesi (tra il 1 Marzo e il 30 Giugno) sbarcarono 16.964 albanesi. Stando ai resoconti dei giornali, tutto lasciava intravedere un vero e proprio “esodo di massa”. Oggi sappiamo che l'allarme era del tutto infondato: dal piccolo paese balcanico sono arrivati flussi indubbiamente consistenti (tra gli immigrati presenti in Italia la collettività albanese è la più numerosa dopo quella rumena), ma gli arrivi si sono ripartiti nell'arco di quindici-venti anni, per lo più seguendo i sentieri delle opportunità occupazionali offerte dal mercato del lavoro, dunque con una dinamica tipica di tutte le migrazioni “ordinarie”. [...]

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