L’islam e la parità di genere

Abstract

Il contributo esamina la questione della parità di genere nell’Islam, distinguendo preliminarmente tra Sharīʿah, intesa come legge divina, e Fiqh, ovvero la sua elaborazione giurisprudenziale e interpretativa. L’analisi si concentra sulla decostruzione di cinque pregiudizi ricorrenti, evidenziando come essi derivino da interpretazioni parziali o da stereotipi culturali. In primo luogo, si dimostra come l’Islam condanni in modo inequivocabile la violenza domestica, prescrivendo relazioni coniugali fondate su amore e misericordia. In secondo luogo, il versetto che prevede due testimoni donne al posto di un uomo in materia contrattuale non implica un’inferiorità ontologica, ma riflette un contesto socio-economico specifico; in altri ambiti la testimonianza femminile è pienamente equiparata o persino privilegiata. In terzo luogo, la disciplina successoria, lungi dal favorire sistematicamente gli uomini, prevede in molteplici casi una parità o un vantaggio per le donne, in relazione alle diverse responsabilità finanziarie prescritte. In quarto luogo, la poliginia, preesistente all’Islam, viene regolamentata e fortemente limitata, con la monogamia indicata come forma preferibile. Infine, contrariamente a quanto spesso sostenuto, l’ordinamento islamico ammette il divorzio. In conclusione, viene sostenuto che il reale progresso nella tutela dei diritti femminili richiede un approccio critico alle fonti, scevro da stereotipi e pregiudizi.

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