Abstract
L'articolo analizza la dimensione religiosa del conflitto russo-ucraino, un elemento cruciale e spesso sottovalutato nelle analisi geopolitiche, inquadrando gli eventi bellici in un contesto storico-ecclesiastico millenario. Il contributo sottolinea l'importanza straordinaria che la fede cristiana (ortodossa) ha avuto e ha ancora oggi nel plasmare gli intrecci sociali e le inestricabili connessioni geopolitiche tra i due paesi. La riflessione prende le mosse dal Sobor russo del marzo 2024, presieduto dal Patriarca Kirill, che ha approvato una risoluzione definendo l'Operazione militare speciale (OMS) una "guerra santa" contro l'Occidente "sprofondato nel Satanismo" e a difesa del "Mondo Russo" (Russky Mir). Tale giustificazione ideologica si radica nel mito storico di "Mosca, la Terza Roma", erede dell'Ortodossia dopo la caduta di Costantinopoli. Si evidenzia il fatto che il conflitto ha acuito lo scisma tra Mosca e Costantinopoli, sorto dopo la concessione dell'autocefalia alla Chiesa ucraina (CAU) nel 2018: mentre, da una parte, Kirill sostiene fermamente l'OMS, il primate della Chiesa Ortodossa Ucraina (COU) ha condannato l'attacco come "guerra fratricida", sostenuto da diversi vescovi. L’articolo mette in risalto le drammatiche conseguenze per Mosca, che rischia di perdere la Chiesa ucraina – circa un terzo dei suoi fedeli – e di compromettere irreversibilmente il dialogo ecumenico internazionale.
Keywords
Ortodossia Guerra Santa Patriarcato di Mosca Chiesa autocefala ucraina Geopolitica della religione
