Abstract
Attraverso gli originali saggi di Simmel noi comprendiamo perché il fluire dinamico della vita e della storia, l’io fallibile, reciproco, non si possiede mai totalmente con se stesso come identità, affidabile e sicura. Ciò non traduce una negatività che si disloca nel mezzo, tra il negativo e l’io: cioè l’alterità, il navigante nell’in-finito. Il non-proprio-dell’io, giammai identico a se stesso, è fatto e generato dall’altro, nel conflitto. Come per Hegel, anche per Simmel l’io è costituito dal rapporto con l’altro. Una alterità che lo (ri)compone e lo erode nella vita delle forme dell’io reciproco. Non si può pensare-di-pensare la vita come flusso in cui si dislocano la coscienza, i corpi e le cose fuori da questa relazione. Le trame di questo intrico fanno sì che la vita, la società, la filosofia, la politica, la scienza e l’arte, cioè la cultura, possono farci ri-conoscere come soggetti individuali di desiderio, di potere e di sapere, nel nostro limite, in un’ontologia dell’umano e del sociale non depoliticizzante, in cui il principio reciprocità assurge a dimensione costitutiva dell’inquieto divenire dell’essere, a cui non ci si può sottrarre dal momento che l’umano è un essere imperfetto e mancante.