Abstract
Questo saggio analizza come le trasformazioni demografiche e la migrazione abbiano messo in crisi l’uniformità culturale dell’Occidente, mostrando che il diritto e le istituzioni sono storicamente impregnati di valori religiosi e che la secolarizzazione occidentale è una realtà culturale parziale e non universale. Il conflitto tra diritti umani “universali” e pratiche religiose va ripensato: spesso i diritti vengono interpretati secondo griglie culturali locali che rischiano di escludere invece di includere, e la loro universalità dovrebbe essere concepita come processo aperto e in evoluzione. Il testo propone di considerare le religioni non come semplici istituzioni o cause di conflitto, ma come bacini semantici generativi capaci di facilitare processi di traduzione interculturale e di rigenerazione dei significati condivisi, utili al dialogo e alla costruzione della pace.
