Abstract
Il paper intende ripensare la narrazione della pace e della guerra mettendo in luce alcuni travisamenti concettuali. La Pace positiva è ben insediata negli Studi per la Pace come uno stato originario ‘buono’ (della specie umana, della società) che è stato infranto, ma restaurabile attraverso la mitigazione/eliminazione dei fattori ‘negativi’ siano essi le disuguaglianze, la tecnologia disumanizzante, le istituzioni corrotte, le asimmetrie di potere. Come dire che il negativo/il male è un accidente della storia e, combattendolo con mezzi positivi (empatia, carità, welfare, empowerment, interdipendenza economica, accordi internazionali, ecc.), dovrà riunirsi al bene/il positivo: idea di pace e società future prive di conflitti. Tale versione imperfetta non ha considerato nel suo pieno significato la dialettica degli opposti finendo per ostracizzare le concezioni che sollevano perplessità sulla ‘bontà’ dell’essere umano. Le ha tradotte in aforismi pressoché solo intimidatori, diffondendo ambivalenza verso la guerra. La teoria contrattualistica (Hobbes) vuol dimostrare che allo Stato spetta il ruolo di mediatore e controllore delle tendenze egoistiche e distruttive dei singoli; per tal via si pone garante di accordi fra gli individui per una reciproca sicurezza (così propiziando l’idea di società civile). La socialità (Rousseau) è intesa come atto secondario, non naturale, inventata dall’essere umano per paura dell’altro e dell’ignoto, mosso da passioni in parte positive e in parte negative. In Vom Kriege (von Clausevitz) la guerra è una tragedia a cui porta un cattivo uso della politica: spiegarla nelle sue matrici e tecniche ha il fine di elaborare strategie per fare sia la guerra che la pace. Ripensati questi concetti cardinali e altri a cascata (in primis quelli di conflitto e nonviolenza), il paper ne sperimenta la portata esplicativa procedendo a legare teoria e prassi in riferimento all'odierno evento bellico russo-ucraino.