Abstract
In ambito scientifico la questione del consumo di suolo suscita reazioni ormai condivise, con valutazioni generalmente negative sui relativi effetti ambientali e sociali. Il rapporto pubblicato nel 2006 dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) e intitolato Urban Sprawl in Europe. The ignored challenge (EEA, 2006) ha avuto un buon impatto divulgativo, anche al di fuori dei circoli accademici. Urban sprawl indica la diffusione e la dispersione insediativa, fenomeni sintetizzabili in italiano con locuzioni come 'città diffusa', 'territori della dispersione', 'città dispersa' (Secchi, 1996, 2007; Gibelli e Salzano, 2006). Le dinamiche dell’urbanizzazione sono intese nel contesto di questo contributo non soltanto come urban sprawl, ma anche come cambio di destinazione d’uso di terreni e fabbricati rurali per fini abitativi, sia nei contesti ad espansione urbana, sia nei contesti rurali.
L’oggettività dei dati numerici e la lucidità dell’analisi del tema presentati nel suddetto rapporto sono arrivati anche al mondo istituzionale, in particolare per quanto riguarda la relazione del fenomeno urban sprawl con il tema ‘caldo’ dei cambiamenti climatici. Ne dà una significativa testimonianza il rapporto finale della ricerca promossa dalla Commissione Europea in materia, intitolato proprio Review of existing information on the interrelations between soil and climate change (European Commission, 2008). I costi ambientali del fenomeno sarebbero dovuti all'uso poco efficiente della risorsa suolo, con ripercussioni sulla capacità degli ecosistemi di fornire servizi ecosistemici sia 'hard' come, ad esempio, l'equilibrio idrogeologico e la produzione di cibo, che 'soft' come, ad esempio, i servizi ricreativi (Vejre et al., 2010). [...]