Abstract
L’Italia, l’Europa, il mondo intero sono nel pieno di una crisi inedita e drammatica, cui si stenta a trovare una soluzione duratura, nonostante i regolari inviti all’ottimismo di chi annuncia la ripresa della “crescita”, sia pure senza occupazione. Una crisi molteplice, al tempo stesso economica, finanziaria, sociale, ambientale, climatica. Ma, soprattutto, una crisi (della) politica, che tocca aspetti strutturali del nostro modo di vivere e lavorare, produrre e consumare, e che solleva dubbi radicali sulla sostenibilità a medio e lungo periodo dell’attuale modello sociale. Una crisi che scuote profondamente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni rappresentative e nella democrazia, così come nel sistema economico dominante, mettendone a nudo i fallimenti e denunciandone gli inganni. Una crisi di sistema a tutti gli effetti, complicata dalla scala globale dei problemi e dall’interdipendenza che lega ormai, seppure in modo asimmetrico, le diverse regioni del pianeta. Ma, soprattutto, una crisi largamente annunciata e prevedibile, che ha dei responsabili ben precisi: i governi, le imprese e i circoli mediatico-accademici che, da trent’anni a questa parte, hanno avallato politiche insostenibili in nome della competizione e del “merito”, della de-regolamentazione e della “liberazione dell’impresa” dai suoi vincoli costituzionali. [...]