Abstract
Oltre il senso comune: il sistema delle discriminazioni razziali.
I discorsi e le pratiche comuni di lotta contro le discriminazioni risentono di una specifica cultura giuridica, quella liberal-democratica, articolata su determinati presupposti: la neutralità della legge e del sistema giudiziario, l’universalismo dei diritti, la legittimazione delle norme attraverso procedure, un'idea di persona relativamente astratta rispetto ai rapporti di forza vigenti nelle istituzioni, sui mercati, nelle sfere pubbliche, nelle interazioni quotidiane. In questo quadro le discriminazioni in genere, e quelle razziali in particolare, appaiono come deprecabili e quasi inspiegabili eccezioni alla regola, di cui le vittime possono e devono essere risarcite per via giurisdizionale. La maggior parte degli operatori del diritto, ma anche dei sinceri democratici che difendono i diritti dei migranti e delle minoranze, tende così a rifiutare l’idea che il razzismo possa essere “parte della struttura delle nostre istituzioni legali” (Harris, 2001), che “il razzismo sia la norma e non un’aberrazione” (Delgado, Stefancic, 2001), o che il diritto antidiscriminatorio delle cosiddette “azioni positive” sia, nel migliore dei casi, limitato rispetto all’effettiva profondità del problema. [...]