Abstract
'Saremo ricordati'; chi l'ha scritto sul muro di un sito industriale abbandonato vicino a Rosarno, nella regione meridionale italiana della Calabria, non sapeva quanto sarebbe stato giusto. Lo scrittore anonimo era una delle centinaia di migranti di molti paesi africani che lavoravano in questa regione come raccoglitori di arance durante l'inverno. Anno dopo anno, trasformarono una vecchia fabbrica di olio d'oliva in un rifugio molto precario e scomodo. La frase sul muro appare come un messaggio in una bottiglia, inviata prima che le autorità allontanassero quasi tutti gli africani dalla città "per la loro stessa sicurezza". Si riferisce al tumulto esploso il 7 gennaio 2010 a Rosarno, dove centinaia di migranti si sono ribellati dopo che due di loro sono stati feriti da tre giovani italiani in una sparatoria. Gli operai in rivolta hanno dato alle fiamme bidoni della spazzatura, distrutto vetrine e macchine, ingaggiato scontri di guerriglia urbana con la polizia, e infine sono diventati l'obiettivo di una "caccia al nero" scatenata dalla popolazione residente: durante la stessa notte molti migranti sono stati colpiti con sbarre di ferro e due sono stati uccisi. Nei tre giorni successivi, con la scusa di proteggerli dalla furia degli italiani, circa 2.000 lavoratori africani furono trasferiti dal sito dalla polizia o fuggirono volontariamente. [...]