Issues / 2016 / Federico Oliveri

Il 10 dicembre 2013 è partito da Baltimora per l’impianto di arricchimento di Paducah (Kentucky) l’ultimo carico di uranio debolmente arricchito (Low-Enriched Uranium – LEU) prodotto per gli impianti elettronucleari americani a partire dall’uranio altamente arricchito (Highly Enriched Uranium – HEU) estratto da testate nucleari russe, nell’ambito del programma Highly Enriched Uranium Agreement (HEU to LEU) noto giornalisticamente come Megatons to Megawatts. Il carico era partito via mare da San Pietroburgo il 14 novembre salutato da dignitari russi e americani.
Si tratta di 40 speciali cilindri contenenti complessivamente 91 t di esafluoruro di LEU (UF6) arricchito a circa il 4,4% nella componente di uranio-235 (per circa 61 t di uranio), prodotto a partire dal HEU al 90% di circa 80 testate nucleari. A Paducah il materiale viene trasformato in ossido di uranio e subisce trattamenti ulteriori preliminari alla produzione di elementi di combustibile.
Il programma HEU to LEU nel corso di 18 anni ha assicurato la conversione in LEU di 500 t di HEU proveniente da circa 20.000 bombe nucleari russe con la produzione di oltre 14.000 t di LEU per le centrali elettronucleari degli USA, coprendo dagli anni 2000 circa il 45% delle loro necessità di combustibile nucleare per quasi il 10% della produzione di energia elettrica americana, e al contempo garantendo lavoro a decine di migliaia di tecnici nucleari russi.
Per questi notevolissimi risultati HEU to LEU va riconosciuto come strumento cruciale per una drastica riduzione delle armi nucleari, la prevenzione della proliferazione e del terrorismo nucleari e rappresenta il principale caso economicamente significativo di riconversione di armi e impianti militari a scopo civile, oltre a costituire un importante tassello nei rapporti di collaborazione fra Russia e Stati Uniti.

66 anni fa il Costa Rica fu vittima di una guerra civile. Quando terminò la guerra, nel 1948, il paese prese la decisione di abolire l’esercito e di abbracciare la pace nel mondo. Con questa decisione, il paese promise al suo popolo che non avrebbe più investito in armi ma piuttosto in scuole, ospedali e tutela dell’ambiente. Per questa ragione, la promozione e la tutela della pace è stata e sarà una priorità della politica estera del Costa Rica. [...]

 

Questo studio si focalizza sulla costruzione simbolica di un’emergenza umanitaria in seguito alle migrazioni dal Nord Africa verso le coste italiane coincidenti con i rivolgimenti nel mondo arabo. Nel presente articolo vengono analizzate alcune fra le più importanti proprietà del discorso governativo italiano sulla migrazione sotto il governo Berlusconi così come espresso nelle procedure legali aventi ad oggetto l’“emergenza migratoria” e nel discorso mediatico. Il periodo di analisi va dal 17 dicembre 2010 al 12 novembre 2011, data di fine legislatura di Silvio Berlusconi. L’analisi del fenomeno della migrazione come problema di sicurezza nazionale e dei migranti come minaccia sociale, nello spirito del Critical Discourse Analysis, è contestualizzata nello specifico contesto italiano e ha come scopo quello di guardare all’“enfermement” in campi come ad uno degli effetti socio-politici del discorso, limitatamente ai cambiamenti legislativi attuati nel periodo in esame.

L'obiettivo di questo lavoro è inquadrare lo status giuridico della vittima di tratta per sfruttamento lavorativo, che sia presente irregolarmente sul territorio dello Stato. Si è voluto delimitare fortemente il tema per indagare, in una prospettiva di tutela dei diritti umani, quali siano i rapporti fra la normativa specifica inerente la tratta di persone e alcune delle norme che maggiormente definiscono lo status dello straniero “irregolare”. L'analisi è circoscritta all'ordinamento spagnolo e a quello italiano, scelta dovuta alla vicinanza dei due sistemi, sia per tradizione giuridica che per posizione specifica nell’area euro-mediterranea. Si tratterà innanzitutto il quadro normativo internazionale ed europeo in tema di tratta. Si analizzerà poi il tipo di permesso di soggiorno e lavoro cui le vittime possono accedere, in base alla legislazione spagnola e a quella italiana. Si tenteranno infine di individuare e descrivere brevemente le norme di diritto dell’immigrazione che sembrano incidere sulla tutela dei diritti della vittima.

Il saggio analizza il principio di sussidiarietà orizzontale attraverso un approccio multidisciplinare. A questo scopo, si propone una lettura critica dei risultati raggiunti dalla corrente di studi della c.d. «Legal Geography», sottoposti a un’analisi semiotica che li convoglia verso la «corologia giuridica». Nocciolo di questa diversa configurazione teorica è l’idea che ogni parola/categoria generi spazio attraverso le sue implicazioni pragmatiche e ogni spazio implichi, per la sua stessa percezione e rappresentazione, scansioni categoriali. Esito di una simile corrispondenza è l’idea che spazio e significato siano coestensivi e posti in una relazione di orizzontalità. I confini tra gli spettri categoriali sono confini spazializzati e viceversa. Poiché ogni soggettività genera un proprio spazio di senso e di esperienza, a essa è connessa la declinazione di nuovi significati. Di conseguenza, lo spazio pubblico costituisce la risultante degli atti traduzione e condensazione tra i diversi spazi soggettivi letti in un ottica di pluralismo radicale. Il diritto, anzi la piattaforma discorsiva offerta dal diritto, rappresenta lo sfondo e al tempo stesso lo strumento per iscrivere la pluralità degli spazi soggettivi all’interno di tessuto di comunicazione condiviso, inclusivo e orientato alla creazione di spazi di senso e di esperienza frutto di negoziazioni/transazioni funzionali a una convivenza pacifica. Tutto questo si converte immediatamente in una rilettura del principio di sussidiarietà orizzontale. La composizione corologica tra le diverse soggettività e le rispettive aree di competenza finisce per proporsi come asse per una sua declinazione all’interno della cornice di senso tratteggiata dai principi costituzionali e dai diritti umani, con una relativizzazione del principio di sovranità nelle sue proiezioni sia interna sia internazionale.

La storia recente dell’Eritrea e dell’Etiopia è una storia complessa, fatta di somiglianze culturali, legami parziali, divisioni e guerre. I due paesi hanno un passato comune, che si sostanzia principalmente del legame storico tra le popolazioni tigrine dell’altopiano etiopico ed eritreo e gli amhara che, tutti compresi sotto il comune termine habesha (abissini) (Smidt 2010) e nella condivisa fede religiosa ortodossa etiopica (tewahdo), formavano il nucleo centrale dell’antico regno pre-coloniale di Y’tiopia. Il nome Etiopia, di origine greca, è adottato, infatti, a partire dalla fondazione del Regno di Axum, avvenuta (data convenzionale) nel X secolo a.C., che costituisce il più antico Stato africano (Calchi Novati 1994: 16-17). [...]

Il concetto di “picco del petrolio” (che per estensione può esemplificare il “picco delle risorse naturali”), è essenziale per comprendere alcuni elementi essenziali della geopolitica attuale e le ricadute che influenzano lo stato delle cose a livello globale. Il padre della teoria del picco è Marion King Hubbert, un importante geofisico statunitense che per anni ha lavorato nei laboratori di ricerca della Shell Oil Company di Houston. Hubbert definì una legge per seguire l'evoluzione temporale della produzione di un qualsiasi giacimento di fonte fossile, in base all'assunto che inizialmente questo viene sfruttato solo superficialmente e raggiunge il massimo della produzione quando arriva a circa metà della sua capacità produttiva, avendo in seguito un decremento che comporta tecnologie più costose per sfruttarne la parte restante. [...]

Gli sprechi sono definiti come prodotti scartati dalla catena agro-alimentare, che hanno perso valore commerciale ma possono ancora essere destinati al consumo umano: eccedenze, surplus, invenduti. Gli sprechi alimentari possono essere suddivisi in 2 categorie: perdite inevitabili, necessarie per tutelare la salute dei consumatori oppure evitabili, di solito prodotti sotto-standard che non superano la barriera del mercato ma ancora perfettamente nutrienti e igienicamente sicuri. Lo spreco alimentare inoltre può essere definito assoluto se l’alimento finisce nei rifiuti; relativo se viene riciclato (mangime x animali, compost, gas) con conseguente valore economico. [...]

La coesistenza e l'inclusione pacifica non dipendono esclusivamente dalla disponibilità di beni e sistemi di welfare, ma principalmente da valori culturali condivisi. Per costruire valori condivisi, proponiamo un nuovo concetto, il degno ("the worthy"), come fattore di attrazione del valore. Un dialogo basato sul valore inizia dal far parlare tra loro tutti i "degni" ("worthies") in modo che ogni attore possa entrare nel punto di vista degli altri per ottenere, in seguito, una condivisione di valori. Partendo dai degni, delineiamo il percorso di un modello integrativo innovativo: salvaguardare alcune caratteristiche della "diversità" (multiculturalismo) e costruire alcune "somiglianze" (interculturalità). Grazie a queste somiglianze / differenze, sia i migranti, sia i gruppi etnici e autoctoni assorbono qualcosa delle credenze e dei valori degli altri e allo stesso tempo acquisiscono consapevolezza sulla complementarietà e interdipendenza con gli altri, il nucleo di una mente di diversità e l'esigenza di gestire i conflitti. In questo modo, ogni attore abbraccia una rete sempre più ampia (legando i legami) senza perdere la propria identità e appartenenza. Infine, questo documento suggerisce modi operativi che coinvolgono, come cambia-gioco di una società "fattibile", servizi scolastici e sociali da una parte, e entità locali, politiche e la società civile, dall'altra parte (democrazia deliberativa).

 
 
 

Ad aggravare la percezione della gravità degli scontri in corso in Libia fra vari contendenti, di recente sono apparse nella stampa internazionale e nazionale notizie relative all’impiego in azioni belliche o attacchi terroristici di armi chimiche (in particolare iprite) dell’arsenale militare della Libia stessa. Per comprendere quanto queste illazioni possano essere realistiche e per poter stimare la possibilità, pure ventilata da alcune parti, che armi chimiche libiche possano cadere nelle mani di militanti del Daesh (ISIL), può essere utile ricostruire gli eventi principali relativi all’armamento chimico libico e al suo processo di disarmo. La Libia sotto il governo del colonnello Moammar al-Gheddafi produsse e acquisì una significativa quantità di agenti chimici e di sistemi d’arma per il loro impiego, ma, nell’autunno 2003 si impegnò con i governi inglese e americano a interrompere i suoi piani per armi non convenzionali e a eliminare quanto già prodotto. A seguito di tale accordo, nel gennaio 2004 aderì alla Convenzione per la proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinamento e uso di armi chimiche e per la loro distruzione (CWC), procedendo alle operazioni disarmo sotto il controllo dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW). [...]

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