Mahatma Gandhi, Vi spiego i mali della civiltà moderna, Hind Swaraj, Gandhi Edizioni, Pisa, 2009

Abstract

Una rivista che si occupa di “scienze e pace” può proporre facilmente ai suoi lettori, tra le recensioni, libri che trattino in prospettiva interdisciplinare i diversi aspetti della violenza e della guerra. Difficoltà possono sorgere, però, quando l’argomento sia la pace stessa: come da tempo abbiamo imparato, non ne esiste infatti una definizione univoca. Abbiamo forse raggiunto un certo accordo su definizioni “in negativo”, ossia su che cosa non vada considerato come pace: essa non può essere ridotta al mero contrario della guerra e della violenza armata, né può essere circoscritta ad una situazione stazionaria, ovvero alla progressiva eliminazione di tutti i conflitti. Una proposta di definizione della pace “in positivo” può passare attraverso il riconoscimento della centralità della vita: in questo senso, essa può essere definita come una continua tensione per affermare pienamente il fenomeno tipico del nostro pianeta. Prendendo come riferimento gli esseri umani, la pace allude così alla possibilità di costruire relazioni di uguaglianza tra le persone, i gruppi e i popoli, fondate sul rispetto dei diritti di ogni vivente. In questa forma, la pace deve tenere conto della complessità e dell’indivisibilità dei diritti, che si richiamano reciprocamente tra loro, e delle condizioni che ne consentono l’effettivo esercizio da parte di tutti. Così, ad esempio, il diritto fondamentale alla salute implica quello ad un’adeguata alimentazione, incluso il libero accesso a beni essenziali come l’aria e l’acqua, così come il diritto al reddito, al lavoro e ad un’abitazione adeguata alle esigenze individuali e familiari. Da qui la pertinenza di affrontare in questa sede il tema della “medicalizzazione” e dei suoi effetti negativi sull’autonomia e sul benessere personali, oltre che sull’insieme delle relazioni sociali. [...]

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